12 Giu 2020

La dislessia: cause o fattori di rischio?

di Gianvito Lagravinese


 

L’eziologia dei DSA rimane ad oggi sostanzialmente sconosciuta.

In passato si riteneva che i presupposti più importanti circa le cause dei DSA fossero i deficit cognitivi o le disfunzioni cognitive di origine biologica di alcuni bambini che ostacolavano la loro adeguata acquisizione delle abilità accademiche.

Tuttavia, sebbene numerosi studi di letteratura avessero identificato deficit cognitivi strettamente associati a specifici DSA (ad es.1, 2), non è chiaro se tali deficit cognitivi identificati fossero fattori causali o una mera conseguenza della disabilità (vedi 3, 4).

Nonostante diversi studi passati suggerissero che i bambini a cui è stata diagnosticato un DSA specifico, come la dislessia o la discalculia, presentassero deficit specifici in una data funzione cognitiva, rimane una questione ancora aperta il comprendere se questi deficit cognitivi siano veramente responsabili dell’emergere del DSA poiché i deficit stessi potrebbero derivare dall’emergere del DSA.

Oggi sappiamo, grazie alle evidenze finora raccolte, che sono presenti diversi fattori di origine genetica che interagiscono con fattori di rischio ambientali alterando il normale sviluppo cerebrale.

In merito a questo è importante precisare che gli studi recenti hanno sottolineato che nei DSA gli aspetti intellettivi sono preservati.

Infatti, i soggetti affetti da DSA mostrano livelli di intelligenza nei range normativi.

Tuttavia, la discrepanza tra prestazioni osservate e attese, congiuntamente all’assenza di markers biologici definiti e identificabili, comporta una difficoltà di identificazione e rilevazione epidemiologica del disturbo (5).

Si ritiene quindi che siano presenti delle differenze di interazione tra aree cerebrali deputate alla funzione di lettura, scrittura e ortografia che interagiscono tra loro.

Per esempio, studi di fMRI hanno mostrato che il cervello nei soggetti DSA, in compiti che misuravano velocità di elaborazione delle informazioni, ricezione di informazioni sensoriali visive o uditive e la loro assimilazione, ritenzione mnestica e recupero in un secondo momento, funziona in modo diverso rispetto ai non affetti da DSA (6, 7).

Tuttavia, non sono state raggiunte ancora precise conoscenze riguardanti come i DSA influenzino i circuiti neurobiologici cortico-sottocorticali implicati nella funzionalità cognitiva (per esempio: l’attenzione, l’analisi sensoriale, la percezione, la memoria e il linguaggio).

Come anticipato, è riconosciuto che la genetica possa svolgere un ruolo decisivo nell’influenzare l’acquisizione della letto-scrittura indipendentemente dal livello intellettivo generale.

Per esempio, nella dislessia, oggi, si tiene conto dell’identificazione di specifici geni localizzati sui cromosomi 15 (gene DYX1C1), sul cromosoma 6 (geni DCDC2 e KIAA0319) e sul cromosoma 3 (gene ROBO1), legati alla migrazione neuronale e alla crescita assonale che caratterizzano lo sviluppo neurologico (8).

Pertanto, durante la valutazione, ci si riferisce alla presenza di dislessia nella storia familiare come fattore di rischio che possa favorirne lo sviluppo nel bambino.

In questa sede, è importante specificare che per fattore di rischio si intende una specifica condizione che risulta statisticamente associata a una malattia e che pertanto si ritiene possa concorrere alla sua patogenesi, favorirne lo sviluppo o accelerarne il decorso, ma non si configura come agente causale.

Infatti, l’identificazione di fattori di rischio consente di segnalare la probabilità che un dato fattore possa legarsi a una determinata condizione clinica (per esempio, la dislessia) e la sua presenza o la compresenza con più fattori di rischio, potrebbe far aumentare considerevolmente il rischio di malattia (9).

 

Fattori di rischio

Numerosi fattori di rischio sono stati indagati per la loro potenziale associazione con lo sviluppo di DSA.

Tra questi ricordiamo:

  • La familiarità, quale presenza nel nucleo familiare di un genitore affetto da DSA (che rappresenterebbe un aumentato rischio disviluppo di dislessia)
  • L’essere stati sottoposti a due o più anestesie generali successive al parto, prima del quarto anno di vita (rischio aumentato di DSA)
  • La presenza di disturbo del linguaggio, ovvero bambini che all’età di 5 anni cadono sotto il 10° centile in più di una prova di sviluppo del linguaggio e che mantengono questo livello di prestazione a 8 anni (rischio aumentato di sviluppo di dislessia)
  • L’essere di sesso maschile (rischio aumentato di sviluppo di dislessia)
  • La storia genitoriale di alcolismo o di disturbo da uso di sostanze, soprattutto in preadolescenti maschi tra i 10 e i 12 anni (rischio aumentato di DSA)
  • L’esposizione prenatale alla cocaina (rischio aumentato di DSA) (9).

In letteratura, sono presenti anche fattori di rischio indagati per la loro positiva associazione con lo sviluppo di ritardi nelle abilità di lettura, scrittura, calcolo, ma non DSA, quali:

  • Il basso peso alla nascita e/o prematurità (rischio aumentato di sviluppo di ritardi nelle abilità di lettura e di calcolo)
  • L’esposizione al fumo materno durante la gravidanza (rischio aumentato di sviluppo di ritardi nelle abilità di calcolo)
  • L’esposizione a fattori psicologici traumatizzanti durante l’infanzia (rischio aumentato di ritardi nelle abilità di lettura)
  • La familiarità (rischio aumentato di sviluppo di ritardi nelle abilità di calcolo) (9).

In conclusione, al momento attuale, l’interazione tra variabili genetiche e ambientali sopra illustrate nella genesi dei DSA, risulta il fattore di rischio maggiormente rilevante.

Per effettuare una anamnesi clinica accurata, è utile che i clinici si accertino della presenza/assenza dei fattori di rischio in maniera quanto più approfondita possibile, effettuando una anamnesi fisiologica, anamnesi familiare, anamnesi medica e raccolta di informazioni sulla storia scolastica, identificando le variabili mediche (peso alla nascita, età gestazionale, anamnesi di otite ricorrente), comportamentali (tempi di attenzione sostenuta), familiari (anamnesi familiare di difficoltà nella lettura, nell’ortografia e nel calcolo; lettura di libri per bambini da parte dei genitori; scolarizzazione della madre biologica), lo sviluppo psicofisico e quello sociale.

Vista la genesi multifattoriale e multidimensionale dei disturbi specifici dell’apprendimento, si considera che un intervento su un fattore di rischio possa diminuire la prevalenza del DSA o ridurne l’entità.

Bibliografia

Landerl K, Fussenegger B, Moll K, Willburger E. “Dyslexia and dyscalculia: Two learning disorders with different cognitive profiles”. Journal of experimental child psychology. 2009; 103 (3): 309-24.

Hallahan DP, Pullen PC, Ward D. “A brief history of the field of learning disabilities”. 2014

Geary DC. “Learning disabilities in arithmetic: Problem-solving differences and cognitive deficits. Handbook of learning disabilities”. 2003: 199-212

Fletcher JM, Lyon GR, Fuchs LS,Barnes MA. “Learning disabilities: From identificationto intervention”. Guilford Publications; 2018

Vicari S, Caselli MC. “Neuropsicologia dello sviluppo”. Il Mulino; 2010

Rüsseler J, Ye Z, Gerth I, Szycik GR, Münte TF. “Audio-visual speech perceptionin adultreaders with dyslexia: an fMRI study. Brain imaging and behavior”. 2018;12(2):357-68.

Prasad S, Sagar R, Kumaran SS, Mehta M. “Study of functional magnetic resonanceimaging (fMRI) in children and adolescents with specific learning disorder (dyslexia)”. AsianJournal of Psychiatry. 2020;50:101945.

Galaburda AM, LoTurco J, Ramus F, Fitch RH, Rosen GD. “From genes to behavior indevelopmental dyslexia. Nature neuroscience”. 2006;9(10):1213-7

Mariani E, Marotta L, Pieretti M. “Intervento logopedico nei DSA. La dislessia. Diagnosie trattamento secondo le raccomandazioni della Consensus Conference”. Edizioni Erickson; 2012

 

 

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