di Dalila Manti
Il termine epilessia deriva dal greco e significa “essere colti di sorpresa, essere sopraffatti” (LICE, 2010).
Essa è definita come una predisposizione del cervello a sviluppare crisi epilettiche e, per essere definita, richiede l’occorrenza di almeno una crisi epilettica (Fisher et al., 2014).
Questa reazione abnorme del cervello può manifestarsi improvvisamente con convulsioni, scosse ritmiche dei muscoli e con crisi epilettiche, vale a dire scariche neuronali ripetute dopo uno stimolo.
Si stima che in Europa l’epilessia interessi circa 6 milioni di persone (LICE, 2010).
Quali sono le cause e i fattori scatenanti?
Lo studio dell’eziologia rappresenta un momento importante per la diagnosi e per il trattamento dell’epilessia, pertanto si può parlare di cause strutturali, genetiche, infettive, metaboliche e autoimmuni.
Si parla di cause strutturali quando, tramite tecniche di neuroimaging, è possibile individuare anomalie morfologiche cerebrali.
Esse possono essere congenite (malformazioni o patologie prenatali) o acquisite (traumi cranici, emorragie cerebrali).
Le cause genetiche, invece, sono determinate da fattori ereditari o causate da anomalie cromosomiche, in questo caso le crisi rappresentano un sintomo del disturbo (un caso tipico è la sindrome di Dravet, forma di epilessia associata a disturbi dello sviluppo neurologico che insorge nel primo anno di vita, in cui si registra una variante patogena del gene SCN1A) (Scheffer et., 2017).
L’eziologia infettiva si riferisce alla crisi epilettica come sintomo elettivo provocato da un’infezione (meningite, encefalite) ed è la causa più comune di epilessia.
La causa metabolica deriva da disturbi metabolici che spesso hanno cause genetiche (porfiria, uremia) infine la causa autoimmune include, ad esempio, la diagnosi di l’encefalite autoimmune (Scheffer et al., 2017).
Fotosensibilità ed epilessia
La fotosensibilità potrebbe essere un fattore scatenante la crisi epilettica. Alcune persone risultano essere maggiormente sensibili di altre agli effetti delle luci naturali o artificiali che hanno un andamento intermittente come ad esempio luci lampeggianti, luci brillanti, visione di oggetti o colori particolari, il riflesso del sole sull’acqua oppure luci al neon e schermi TV.
È bene precisare che la fotosensibilità non è presente in tutte le forme di epilessia.
Cosa sono le crisi epilettiche?
Le crisi epilettiche sono manifestazioni cliniche determinante da un’alterazione della funzionalità neuronale, durante le crisi infatti i neuroni, che normalmente comunicano tra loro attraverso impulsi elettrici, divengono iperattivi in quanto scaricano gli impulsi in modo eccessivo.
Quando le crisi si ripetono nel tempo, spontaneamente e con le stesse modalità nella stessa persona si parla di epilessia. In generale le crisi epilettiche hanno un inizio improvviso e durano circa un minuto.
Possono manifestarsi a qualsiasi età, nel 60% dei casi insorgono in età pediatrica con un incidenza maggiore nel primo anno di vita, tendono a mantenersi stabili fino ai 10 anni circa per poi scemare progressivamente.
Nel primo anno di vita esiste, probabilmente, una maggiore predisposizione del cervello a manifestare convulsioni in presenza di insulti acuti (diselettrolitemia, febbre, infezioni, etc), ciò dovuto all’immaturità strutturale e funzionale del sistema nervoso centrale. La febbre risulta essere la causa più frequente sotto l’anno di età (Raspall-Chaure et al 2007).
Come si manifestano?
Le crisi si classificano in base alla loro origine a livello cerebrale, si definiscono:
- generalizzate quando sono bilaterali e simmetriche cioè interessano entrambi gli emisferi cerebrali. Si dividono in motorie e non motorie e generalmente si associano alla compromissione della consapevolezza;
- focali quando hanno sede in un’area specifica del cervello. Sono classificate in base alla presenza di manifestazioni motorie o non motorie e con alterazione o conservazione della consapevolezza;;
- ad esordio sconosciuto, suddivise in motorie e non motorie.
Alcune crisi epilettiche possono nascere focali e diventare generalizzate.
Diagnosi e classificazione delle epilessie
La diagnosi avviene tramite l’elettroencefalogramma (EEG) che misura l’attività cerebrale grazie a specifici elettrodi posti sulla testa, mettendo in evidenza eventuali anomalie nel tracciato (punte, punte-onda, o polipunte).
L’analisi della causa sottostante avviene grazie alla Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) e alla Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) che individuano la natura e la sede della lesione, inoltre indagini genetiche permettono di individuare le mutazioni.
La diagnosi si basa sulla classificazione di tre livelli (Scheffer et al., 2017):
- Classificazione del tipo di crisi (focali, generalizzate, ad esordio sconosciuto);
- Classificazione del tipo di epilessia (focali, generalizzate, combinate e di tipo sconosciuto);
- Definizione di sindrome epilettica, definita dall’associazione tra caratteristiche del tipo di crisi e risultati di indagini di neuroimaging ed EEG (Scheffer et al., 2017).
Qual è il trattamento dell’epilessia?
Il trattamento farmacologico, somministrato tramite farmaci antiepilettici, ha l’obiettivo di controllare la crisi agendo sul sintomo e normalizzandone l’impatto sulla vita quotidiana. Non si può parlare di guarigione ma di risoluzione di malattia.
Un ruolo fondamentale è giocato dalla compliance del paziente in quanto la terapia antiepilettica dura molti anni, non va interrotta e deve essere assunta anche 2-3 volte al giorno.
L’epilessia è una malattia ad alto impatto sociale e provoca disagio significativo in chi ne soffre perché spesso vittima di stigmatizzazione, discriminazione e isolamento sociale.
Generalmente i genitori di bambini epilettici tendono alla loro iperprotezione, sperimentando alti livelli di stress e preoccupazione in relazione alla sicurezza dei figli. Pertanto anche il supporto psicologico rientra nella strutturazione di un trattamento adeguato.
Come intervenire in caso di crisi epilettica?
Assistere a una crisi epilettica potrebbe generare paura ma è importante seguire le corrette indicazioni per intervenire tempestivamente e adeguatamente:
- restare calmi e non generare panico;
- tentare di prevenire la caduta per terra anche se ciò risulta molto difficile a causa dell’imprevedibilità della crisi;
- misurare con l’orologio il tempo di durata della crisi;
- se la persona è già a terra mettere qualcosa di morbido sotto la testa in modo da impedirgli di batterla durante le convulsioni che hanno una durata di circa 1-2 minuti;
- finite le convulsioni slacciare gli indumenti;
- ruotare la testa di lato e porre la persona sul fianco per migliorarne la respirazione;
- evitare di creare eccessiva calca attorno alla persona;
- dopo la crisi epilettica la persona colpita ha bisogno di diversi minuti per riprendersi totalmente quindi lasciarle il giusto tempo.
Cosa non fare?
- non tentare di aprire la bocca per impedire il morso della lingua;
- non inserire dita in bocca o qualsiasi altro oggetto;
- non bloccare gambe e braccia;
- non somministrare cibo e/o bevande durante le convulsioni.
Si ricorre al 118:
- qualora la crisi dovesse durare più di 5 minuti;
- se la persona impiega troppo tempo a recuperare o non riprende conoscenza subito dopo le convulsioni;
- se ha difficoltà a respirare;
- se le crisi di ripetono;
- se vi sono segni di traumi.
Il 12 febbraio ricorre la giornata internazionale dell’epilessia che, oltre a far luce sugli interventi di tipo farmacologico e sanitario, ha come obiettivo principe la sensibilizzazione al fenomeno attraverso l’abbattimento di pregiudizi sociali e personali che aleggiano sulla patologia. Una conoscenza specifica dell’epilessia potrebbe minimizzare i rischi e le conseguenze negative, oltre che contribuire a rassicurare sulla possibilità di gestire e controllare in maniera appropriata la crisi in caso di comparsa a scuola o in altri luoghi di aggregazione.
Bibliografia
Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) (2017). Linee guida: il trattamento dell’epilessia in età pediatrica. Il medico pediatra, 11-25.
Fischer R.S. (2017). The new classification of seizures by the International League Against Epilepsy. Curr Neurol Neurosci Resp, 17; 48.
Fischer R.S., et al. (2014). A practical clinical definition of epilepsy. Epilepsia, 55 (4); 475-482.
Lega Italiana Contro l’Epilessia (LICE) (2011). Facciamo luce sull’epilessia. 3-31.
Raspall- Chaure M., et al. (2007). The epidemiology of convulsive stautus epilepticus in childern: a critical review. Epilepsia, 48 (9); 1652-1663.
Scheffer I. E., et al. (2017). Classificazione delle epilessie della International League Against Epilepsy: position paper della Commissione ILAE per la Classificazione e la Terminologia. Epilepsia 58 (4); 512-521
Società Italiana di Pediatria (SIP) (2009). Linee guida: la gestione del bambino con convulsioni febbrili. Prospettive in pediatria, Vol 39, N 163; 73-78
Verrotti A., et al. (2004). Photosensitivity and epilepsy: a follow-up study. Developmental Medicine & Child Neurology, 46; 347-351