di Aida Andrisani
Il Coping Power Program è un protocollo d’intervento di matrice cognitivo-comportamentale, sviluppato allo scopo di promuovere maggiori capacità di controllo della rabbia e dell’impulsività in bambini e ragazzi con diagnosi di Disturbo Oppositivo Provocatorio e Disturbo della Condotta (vedi tab. 1)
Il programma prevede la partecipazione a una serie di incontri di un gruppo, di bambini (da 4 a 6) e, parallelamente, dei loro genitori coinvolti in un percorso di parent training.
Ideato da John E. Lochman, professore di Psicologia presso l’Università dell’Alabama, ad oggi è utilizzato anche in contesti scolastici ed educativi come strumento di prevenzione dei comportamenti a rischio.
In Italia è stato adottato e sperimentato dal gruppo della dottoressa Annarita Milone, neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta presso l’IRCCS Fondazione Stella Maris di Pisa (Muratori, et al., 2015; 2019).
L’efficacia di questo protocollo è stata dimostrata in diversi studi, i quali hanno osservato nei bambini significativi miglioramenti nella abilità socio-relazionali, nel controllo dei comportamenti problematici e aggressivi (Lochman e Wells, 2002; 2003), insieme a una maggiore coerenza ed efficacia delle pratiche educative genitoriali (Ludmer, Sanches, Propp, & Andrade, 2018).
Disturbi del comportamento dirompente, del controllo degli impulsi e della condotta | |
Disturbo Oppositivo Provocatorio – DOP La caratteristica essenziale del DOP è la presenza di ricorrenti e persistenti comportamenti di collera, frequente irritabilità e ostilità, comportamenti polemico/provocatori o vendicativi attraverso i quali sfida attivamente e infastidisce deliberatamente l’altro, rifiuto delle regole, presenza di umore negativo e rancoroso. Tali comportamenti possono manifestarsi principalmente a casa e in famiglia, e compromettere un adeguato inserimento in altri contesti relazionali e sociali, educativi o lavorativi. Gli individui con questo disturbo non riconoscono i loro comportamenti come espressione di rabbia, ostilità, vendicativi o dispettosi. Giustificano il loro comportamento come conseguenza diretta di richieste esterne irragionevoli, oppure accusano l’altro dei propri errori. È possibile rilevare la presenza del disturbo solo a condizione che la sintomatologia sia osservabile costantemente da almeno 6 mesi e che si manifesti anche con individui diversi da fratelli/sorelle. Inoltre, la persistenza e frequenza dei comportamenti deve andare oltre quello che è considerato normale per età, genere e cultura. | Disturbo della condotta – DC Il DC si definisce con la presenza costante di atteggiamenti e comportamenti in cui vengono violati i diritti fondamentali degli altri oppure le principali norme o regole sociali. Si parla di condotte aggressive che minacciano o causano danni fisici ad altre persone e/o animali, distruzione o danneggiamento della proprietà altrui, frodi e furti, gravi violazioni di regole. Spesso in concomitanza con tali comportamenti è possibile rilevare totale mancanza di rimorso o senso di colpa, scarsa o nessuna empatia, insensibilità, anaffettività e totale disinteresse per i propri risultati scolastici/lavorativi. Dal punto di vista emotivo si scorge scarso autocontrollo, bassa tolleranza alle frustrazioni, sospettosità, indifferenza per le punizioni, ricerca di emozioni forti e sregolatezza, abuso di sostanze negli adolescenti. Per porre una diagnosi, tali condotte devono essere presenti nei 12 mesi precedenti, perpetuate in diversi ambienti, e causare una significativa riduzione delle possibilità di un inserimento adeguato in vari contesti sociali, educativi e lavorativi. |
Le basi teoriche
Il Coping Power Program si basa su di un modello teorico ecologico dell’aggressività in età infantile, denominato Contextual social-cognitive model di Lochman e Wells (2002).
Secondo il modello la manifestazione dei disturbi della condotta dipenderebbe, dalla correlazione tra fattori di rischio biologici e temperamentali (es. anomali livelli di testosterone e serotonina, complicanze pre e perinatali) e fattori di rischio provenienti dal contesto familiare e sociale. Tra questi ci sono: stile educativo genitoriale troppo restrittivo e duro o eccessivamente permissivo, maltrattamenti, abusi, rifiuto materno, ambiente familiare conflittuale, vivere in quartieri pericolosi e difficili, scarse risorse economiche, assenza di un adeguato supporto sociale.
La complessa interazione tra questi elementi porterebbe i bambini a sviluppare modalità cognitive disfunzionali: i bambini crescerebbero abituandosi a interpretare erroneamente la realtà circostante, come potenzialmente pericolosa ed ostile. Questo favorirebbe l’emissione di risposte comportamentali aggressive, utilizzate dai bambini come una strategia per regolare le proprie emozioni e relazioni con l’altro (Lochman, Wells, & Lenhart, 2012).
Come si struttura?
Il Coping Power Program ha una durata di circa 16-18 mesi, per il gruppo di bambini prevede incontri settimanali (circa 32 sessioni) della durata di 60 minuti, a cui si aggiungono 20 minuti di gioco libero finale.
Il programma è strutturato in modo che i bambini vengano coinvolti in attività mirate a promuovere il potenziamento delle capacità di monitoraggio e autoregolazione del proprio comportamento e delle proprie emozioni. All’interno del gruppo dei pari, hanno la possibilità di sperimentarsi e di verificare l’applicabilità degli strumenti che gli vengono proposti, pur restando in un contesto protetto e non giudicante.
Le attività, molte in forma di giochi, permettono ai bambini di confrontarsi con diverse situazioni di vita quotidiana (es. rispondere ad una provocazione, essere derisi, risolvere una situazione problematica, prevedere le conseguenze di un’azione) attraverso la visione di video o il role play. Quest’ultima modalità prevede che ogni bambino “reciti” un ruolo durante la simulazione di un certo evento, con la possibilità che ognuno possa ricoprire diversi ruoli in separate simulazioni, così da testare diversi punti di vista. Questo allo scopo non solo di mostragli “cosa fare” difronte a certi eventi, ma piuttosto “come pensare” in situazioni difficili e frustranti.
Si promuove così una maggiore consapevolezza, comprensione e capacità di modulazione dei propri pensieri, emozioni e comportamenti.
In questo modo vengono perseguiti diversi obiettivi:
- organizzare in modo efficace lo studio;
- riconoscere i segnali fisiologici della rabbia e gestirli;
- gestire l’impulsività;
- riconoscere e rispettare le regole;
- riconoscere il punto di vista dell’altro;
- resistere alle pressioni dei pari ed entrare in contatto con gruppi sociali postivi;
- risolvere adeguatamente problemi e situazioni conflittuali.
Durante il primo incontro si presenta lo scopo del gruppo e la sua struttura, si individuano le regole e le attività che saranno affrontate. Tutti gli altri incontri seguono una precisa struttura: momento inziale, momento operativo in cui vengono proposte le varie attività e giochi e un momento conclusivo in cui i bambini ricevono feedback positivi diretti ai comportamenti messi in atto.
Durante tutti gli incontri si utilizza un sistema di token economy che prevede l’assegnazione di punti per comportamenti positivi e la perdita degli stessi in caso di comportamenti negativi. Il bambino è stimolato ad autovalutarsi e assegnarsi dei punti sulla base del proprio comportamento durante la sessione.
Il gioco libero finale da la possibilità ai bambini di “scaricarsi” da eventuali tensioni prima di lasciare il gruppo, e tornare a casa dove lavoreranno sulla generalizzazione delle competenze acquisite.
Come si struttura il parent training?
Gli incontri destinati al gruppo di genitori si svolgono parallelamente, a cadenza quindicinale, in 14 sessioni distribuite nello stesso arco temporale, della durata di circa 75 minuti.
Anche nel gruppo dei genitori il primo obiettivo è quello di individuare migliori modalità per seguire il proprio figlio nello svolgimento dei compiti a casa.
Seguono altri obiettivi, quali:
- migliorare la percezione e gestione dello stress genitoriale;
- migliorare la comunicazione intrafamiliare, le modalità con cui trascorrere del tempo con i figli e creare momenti di condivisione familiare;
- ignorare comportamenti disadattivi meno importanti;
- favorire comportamenti adattivi attraverso l’uso di istruzioni comportamentali e regole efficaci;
- uso di premi e gratificazioni;
- uso di punizioni contingenti;
- affrontare e gestire le situazioni critiche attraverso il problem solving.
Conclusioni
Il Coping Power Program si presenta sicuramente come un intervento che richiede motivazione e costanza.
Parte della sua efficacia deriva, infatti, dal lavoro intensivo che i bambini fanno settimanalmente su piccoli traguardi, questo aumenta la possibilità che i nuovi comportamenti vengano adeguatamente interiorizzati e generalizzati nella vita quotidiana. Anche i genitori sono di pari passo coinvolti in attività volte a favorire la conoscenza di strumenti efficaci nel fronteggiare situazioni difficili e supportare i bambini nella sperimentazione di condotte più adattive.
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Bibliografia
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Di Pietro, M., & Bassi, E. (2013). L’intervento cognitivo comportamentale per l’età evolutiva. Strumenti di valutazione e tecniche per il trattamento. Centro Studi Erickson.
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Lochman, L. E., Wells, K., & Lenhart, L. A. (2012). Coping Power – programma per il controllo di rabbia e aggressività in bambini e adolescenti. Centro Studi Erickson.
Ludmer, J., Sanches, M., Propp, L., & Andrade, B. (2018). Comparing the Multicomponent Coping Power Program to Individualized Parent-Child Treatment for Improving the Parenting Efficacy and Satisfaction of Parents of Children with Conduct Problems. Child Psychiatry Hum Development, 100-108.
Muratori, P., & Lambruschi, F. (2020). I disturbi del comportamento in età evolutiva. Fattori di rischio, strumenti di assessment e strategie psicoterapeutiche. Centro Studi Erickson.
Muratori, P., Bertacchi, I., Giuli, C., Lombardi, L., Bonetti, S., Nocentini, A., . . . Lochman, J. (2015). First adaptation of coping power program as a classroom-based prevention intervention on aggressive behaviors among elementary school children. Prevention Science, 432-439.
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