di Maria Chiara Carriero
L’ipocondria, o Disturbo da ansia di malattia, è un disagio legato all’idea di avere una malattia grave o mortale non diagnosticata. Tale disturbo comporta una preoccupazione eccessiva nei confronti della propria salute e la convinzione che qualsiasi sintomo avvertito sia il segno di una patologia severa.
La persona affetta da ipocondria interpreta in modo erroneo i segnali fisici innocui come se fossero l’evidenza di una malattia. Si preoccupa sia delle normali funzioni dell’organismo (respirazione, battito cardiaco, ecc.) che delle alterazioni fisiche di lieve entità (raffreddore, colpo di tosse). Se sono presenti sintomi somatici questi sono di lieve intensità e l’ansia e la preoccupazione dell’individuo sono sproporzionate rispetto alla gravità della condizione (APA, 2013).
Le preoccupazioni degli ipocondriaci non diminuiscono anche in seguito a esami diagnostici negativi o rassicurazioni da parte dei medici e sono così profonde da interferire con le relazioni interpersonali, la vita familiare e le prestazioni professionali dell’individuo. Il paziente con ipocondria non riconosce la natura psicologica del suo disturbo e spende molto tempo navigando in Internet o consultando testi per cercare una spiegazione medica al suo disagio.
Prevalenza e fattori di rischio
L’insorgenza e il decorso del disturbo non sono ancora chiari (APA, 2013). Si pensa che sia una condizione cronica e recidivante, con un esordio nella prima età adulta. La prevalenza comprende tra l’1,3 % ed il 10% della popolazione (Creed & Barsky, 2004; Fink et al., 2004) ed è simile tra i maschi e le femmine. Al momento, le precise cause non sono chiare. Tuttavia, è stato ipotizzato che forte stress, storia di abuso o gravi malattie vissute durante l’infanzia possano essere associate al manifestarsi dei sintomi. Inoltre, l’ipocondria sembrerebbe essere concomitante con i disturbi d’ansia, in particolare il disturbo d’ansia generalizzato, disturbo di panico, il Disturbo Ossessivo Compulsivo e Disturbi depressivi (APA, 2013).
I sintomi dell’Ipocondria
Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) l’ipocondria è classificata all’interno dei disturbi da sintomi somatici e per porre la diagnosi sono richiesti i seguenti criteri diagnostici:
- Preoccupazione di avere o contrarre una malattia.
- I sintomi somatici non sono presenti o, se presenti, sono di lieve intensità. Se è presente una condizione medica la preoccupazione è eccessiva o sproporzionata.
- È presente un elevato livello di ansia riguardante la salute.
- L’individuo attua eccessivi comportamenti correlati alla salute (per es., controlla il proprio corpo cercando segni di malattia) o presenta un evitamento disadattivo (per es., evita visite mediche).
- La preoccupazione per la malattia è presente da almeno 6 mesi, ma la specifica patologia temuta può cambiare nel corso di tale periodo di tempo.
- La preoccupazione riguardante la malattia non è meglio spiegata da un altro disturbo mentale (APA, 2013).
Come ben riporta il DSM-5, il disagio dell’individuo non proviene dal sintomo in sé, quanto piuttosto dalla preoccupazione derivante dal significato attribuitavi (APA, 2013).
Ipocondria e trattamento
Il trattamento che la ricerca scientifica ha dimostrato essere più efficace per l’ipocondria è la Terapia cognitivo-comportamentale (Bouman & Visser, 1998; Barsky & Ahern, 2004; Taylor, Asmundson & Coons, 2005; NICE, 2011).
Tale terapia si concentra sull’apprendimento di modalità di pensiero e di comportamenti alternativi e più adattivi per l’individuo. Chi soffre di ipocondria, infatti, interpreta erroneamente le sue sensazioni corporee e ve ne attribuisce una pericolosità esagerata. Attraverso la terapia cognitivo-comportamentale, quindi, si riconoscono le preoccupazioni e i timori infondati e si sostituisce l’idea che i sintomi siano generati da una malattia con un’ipotesi alternativa più adeguata.
Molto importante è anche la Psicoeducazione, che consiste nell’illustrare al paziente le caratteristiche principali del disturbo, i metodi e le strategie comportamentali che aiutano il paziente a fronteggiarlo.
Il trattamento farmacologico, invece, può aiutare per ridurre l’intensità ansiogena e i farmaci più impiegati nella cura dell’ipocondria sono gli antidepressivi triciclici e gli SSRI (Selective Serotonin Reuptake Inhibitor) (Taylor, Asmundson & Coons, 2005). Tuttavia, se non abbinati all’intervento psicoterapico, potrebbero risultare fallimentari ed esporre il soggetto a importanti ricadute.
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Bibliografia
American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition, DSM-5. Arlington, VA. (Tr. it.: Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Quinta edizione, DSM-5. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2014).
Barsky, A. J., & Ahern, D. K. (2004). Cognitive behavior therapy for hypochondriasis: a randomized controlled trial. Jama, 291(12), 1464-1470.
Bouman, T. K., & Visser, S. (1998). Cognitive and behavioural treatment of hypochondriasis. Psychotherapy and Psychosomatics, 67(4-5), 214-221.
Creed, F., & Barsky, A. (2004). A systematic review of the epidemiology of somatisation disorder and hypochondriasis. Journal of Psychosomatic Research, 56, 391–408
National Institute for Health and Clinical Excellence (Great Britain), Dillon, S. A., & Rawlins, S. M. (2011). National Institute for Health and Clinical Excellence (Special Health Authority) Annual Report and Accounts 2010/11. Stationery Office.
Taylor, S., Asmundson, G. J., & Coons, M. J. (2005). Current directions in the treatment of hypochondriasis. Journal of Cognitive Psychotherapy, 19(3), 285-304.