14 Dic 2020

La neurobiologia della resilienza

di Sebastiano Tarda


La resilienza è un costrutto complesso che ingloba diversi meccanismi: neurobiologici, psicosociali e cognitivi (Southwick SM, et al. 2015). Essa si riferisce alla capacità di una persona di far fronte alle avversità, ai traumi, alle minacce o alle fonti significative di stress (AAP, 2018), permettendo di evitare, così, conseguenze sociali, psicologiche e biologiche negative.

Studi recenti indicano che la resilienza rappresenta non solo un processo attivo e adattivo, ma anche l’assenza di risposte patologiche, in momenti particolarmente difficili.

Charney DS., 2004

La resilienza, inoltre, può dipendere dal contesto e dalla fase di vita.
Un individuo, infatti, può dimostrare un alto livello di resilienza in un ambito della propria vita ma non in un altro.
Ad esempio, può essere resiliente nel contesto familiare ma non nel lavoro (Masten AS, 2014), o può avere maggiore resilienza nel periodo dell’adolescenza rispetto all’età adulta (Southwick SM, et al. 2015).

Circuiti cerebrali implicati nella resilienza

 I circuiti principali che giocano un ruolo cruciale nella resilienza sono:

  1. Circuito della paura, di cui fanno parte: corteccia prefrontale, ippocampo, amigdala, nucleo accumbens, ipotalamo e alcuni nuclei del tronco cerebrale (Arnsten AF, 2009).
    Se si presenta un’attivazione sufficientemente alta di questo circuito viene promossa la resilienza poiché si risponde adeguatamente allo stress (McEwen BS, 2016) attraverso un’equilibrata elaborazione della paura e un’adeguata produzione di noradrenalina, neurotrasmettitore rilasciato in situazioni di stress (Shin LM & Liberzon I, 2010).

Se, invece, questo circuito presenta una forte attivazione, si riduce fortemente la capacità di modulare/inibire le emozioni e si sperimentano livelli elevati di ansia o paura (Arnsten AF, et al. 2015), che intaccano il benessere della persona e quindi la sua resilienza.

  • Circuito della ricompensa, di cui fanno parte: corteccia cingolata anteriore, l’area ventro-tegmentale e il nucleo accumbens.
    Recenti ricerche hanno dimostrato che il circuito della ricompensa, protegge dagli effetti deleteri dello stress (Nikolova YS, et al. 2012). Ciò accade perché questo circuito è responsabile dell’innalzamento dei livelli di motivazione, umore e ottimismo, tutti essenziali per la resilienza (Speer ME, et al. 2014).

Pratiche che favoriscono la resilienza

La regolazione emotiva

Saper regolare le proprie risposte emotive è essenziale per la resilienza e per far fronte alle avversità (Troy AS & Mauss IB, 2011).
Due sono le abilità identificate come importanti per la regolazione emotiva:

  1. La rivalutazione cognitiva, che è la capacità di valutare la propria reazione emotiva in relazione a un evento o situazione stressante. Questo permette di riformulare una valutazione iniziale negativa in una più positiva e funzionale (Ochsner KN & Gross JJ, 2005).
  2. Il controllo dell’attenzione, che è un processo che permette di dirigere attivamente l’attenzione lontano da aspetti negativi o stressanti, verso aspetti più positivi, al fine di modulare l’impatto delle nostre emozioni (Ochsner KN & Gross JJ, 2005). 

Risposte attive vs gestione passiva

Per risposte attive si intendono tutti gli sforzi intenzionali del soggetto volti a ridurre il danno fisico, psicologico o sociale di una situazione stressante (Russo SJ, et al. 2012). Questo perché l’esposizione allo stress percepito come controllabile e gestibile ha un effetto positivo sulla persona, favorendo la sua resilienza (Southwick SM, et al. 2015).

La gestione passiva, invece, comprende meccanismi, come l’evitamento della situazione temuta o la percezione di non essere in grado di affrontare gli episodi avversi, che compromettono la nostra resilienza (Wood SK & Bhatnagar S 2014; Southwick SM, et al. 2005) e il nostro benessere psicologico (Heim C, et al. 2008; Gale C, et al. 2008).


Mindfulness

Con il termine mindfulness si indica la volontà della persona di vivere nel momento presente con consapevolezza di sé e della realtà che la circonda in maniera aperta e non giudicante, favorendo così l’accettazione delle esperienze fisiche, emotive e cognitive (Tang YY, et al. 2015).
Molti studi suggeriscono che la pratica della mindfulness protegge dallo stress cronico e incrementa i livelli di resilienza della persona (Thompson RW, et al. 2011).

Relazioni sociali

Anche le “sane relazioni sociali” favoriscono la resilienza.
Queste, infatti, supportano la fiducia in se stessi, attenuano le risposte fisiologiche allo stress e promuovono la capacità di risolvere i problemi di vita in modo attivo, piuttosto che passivo (Olff M. et al. 2014).

Attività fisica

L’esercizio fisico supporta la resilienza, in quanto protegge dalle ripercussioni emotive (Greenwood BN & Fleshner M, 2011) e aiuta a regolare l’Asse HPA (Asse Ipotalamo-ipofisi-surrene) del nostro organismo, struttura importante per la modulazione e la risposta allo stress (Silverman MN & Deuster PA, 2014).

La psicoterapia cognitivo comportamentale

La psicoterapia cognitivo comportamentale è caldamente raccomandata nei casi in cui si vogliano ridurre i livelli di stress e incrementare la propria resilienza (Leiva-Bianchi, et al. 2018).
Il trattamento prevede:

  • Tecniche di rilassamento, quali biofeedback e mindfulness, utili ad autoregolare e riconoscere le proprie risposte fisiologiche, attivate da eventi stressanti, al fine di poterle modulare e favorire il benessere e, poi, la resilienza (Tang YY, et al. 2015);
  • Ristrutturazione cognitiva, con lo scopo di mettere in discussione pensieri non razionali, che inficiano sul benessere psicologico della persona, e sperimentarne altri che siano più utili e oggettivi, per meglio fronteggiare lo stress e favorire la resilienza (Thompson RW, et al. 2011);
  • Esposizione comportamentale allo stress, che permette di modificare lo stress da incontrollabile a controllabile e gestibile, promuovendo, così, la resilienza (Southwick SM, et al. 2015).

Teleriabilitazione

Presso Istituto Santa Chiara è attivo il servizio di teleriabilitazione dedicato sia ai pazienti in età evolutiva che a quelli adulti.
I pazienti potranno avere a disposizione i professionisti, comodamente e ovunque, senza incidere sulla qualità della terapia, che verrà rimodulata e proposta online, caso per caso.

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Bibliografia

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Arnsten AF, Raskind MA, Taylor FB, Connor DF. The effects of stress exposure on prefrontal cortex: translating basic research into successful treatments for post-traumatic stress disorder. Neurobiol Stress. 2015;1: 89–99.

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Gale, C. R., Deary, I. J., Boyle, S. H., Barefoot, J., Mortensen, L. H., & Batty, G. D. (2008). Cognitive Ability in Early Adulthood and Risk of 5 Specific Psychiatric Disorders in Middle Age. Archives of General Psychiatry, 65(12), 1410.

Greenwood BN, Fleshner M. Exercise, stress resistance, and central serotonergic systems. Exerc Sport Sci Rev. 2011;39(3):140–9.

Heim, C., Newport, D. J., Mletzko, T., Miller, A. H., & Nemeroff, C. B. (2008). The link between childhood trauma and depression: Insights from HPA axis studies in humans. Psychoneuroendocrinology, 33(6), 693–710.

Leiva-Bianchi, M., Cornejo, F., Fresno, A., Rojas, C., & Serrano, C. (2018). Effectiveness of cognitive-behavioural therapy for post-disaster distress in post-traumatic stress symptoms after Chilean earthquake and tsunami.

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