di Claudia Falcone
Mutismo selettivo cos’è
Il mutismo selettivo (MS) è un disturbo d’ansia che si manifesta in età evolutiva ed è caratterizzato dall’assenza di comunicazione verbale in alcune situazioni sociali.
Il termine “selettivo” indica che il bambino riesce a comunicare solo con alcune persone, solitamente i familiari, e ha difficoltà a esprimersi in certi contesti, ad esempio quello scolastico (APA, 2014).
L’incapacità dei bambini di comunicare è il diretto risultato dell’ansia sociale e non è dovuto a deficit sensoriali o neurologici, come i disturbi afasici.
Attraverso questo comportamento il bambino evita le sensazioni spiacevoli provocate dalla pressione sociale o dall’aspettativa di parlare in alcuni contesti (Shipon-Blum, 2010).
Il Mutismo Selettivo è un disturbo raro con un tasso d’incidenza tra lo 0,03% e 1%.
La comparsa dei primi sintomi (marcata timidezza, paura delle persone, ecc.) avviene tra i 2 e 3 anni, ma l’esordio avviene solitamente prima dei 5 anni, con le prime esperienze sociali e scolastiche in cui viene chiesto al bambino di esprimersi verbalmente (APA, 2014).
Le caratteristiche peculiari del disturbo possono rendere la diagnosi ardua e spesso non immediata.
Infatti, il bambino può non giungere all’attenzione clinica fino all’inizio della scuola dove si ha un aumento dell’interazione sociale e dei compiti prestazionali (APA, 2014).
Diagnosi di mutismo selettivo
Grazie ai numerosi studi sul disturbo, l’inquadramento diagnostico ha vissuto negli anni un progressivo cambiamento riguardo il nome e la sua classificazione nel DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali):
- Cambiamento del nome: da “mutismo elettivo” a “mutismo selettivo”, per superare l’ambiguità e l’erronea convinzione che il disturbo fosse di origine intenzionale, e cioè che il bambino non parlasse per sua volontà;
- Cambiamento di classificazione: mentre nel DSM-IV, era inserito in “Altri disturbi dell’infanzia, della fanciullezza o dell’adolescenza”, nel DSM-5 viene classificato tra i “Disturbi d’ansia”, per identificare l’ansia come una delle caratteristiche principali all’interno di questo quadro clinico.
Attualmente la diagnosi di Mutismo Selettivo proposta dal DSM-5 prevede 5 criteri diagnostici (APA, 2014):
- Costante incapacità di parlare in situazioni sociali specifiche in cui ci si aspetta che si parli (es. a scuola), nonostante sia in grado di farlo in altre situazioni
- La condizione interferisce con i risultati scolastici o con la comunicazione sociale
- La durata della condizione è di almeno un mese (non limitato al primo mese di scuola)
- L’incapacità di parlare non è dovuta al fatto che non si conosce, o non si è a proprio agio con il tipo di linguaggio richiesto dalla situazione sociale
- La condizione non è meglio spiegata da un disturbo della comunicazione e non si manifesta durante il decorso di disturbi dello spettro dell’autismo o altri disturbi.
I bambini con mutismo selettivo possono, inoltre, manifestare caratteristiche e comportamenti comuni come:
- scarso o assente contatto oculare,
- inespressività del viso,
- immobilità o agitazione,
- comportamenti aggressivi o oppositivi (Rezzonico et.al, 2018).
Pertanto, nelle situazioni in cui la loro comunicazione verbale è assente, possono comunicare attraverso strategie non verbali:
- usando gesti
- annuendo
- scuotendo il capo
- spingendo
- tirando l’interlocutore
- scrivendo
- in alcuni casi, poi, emettono suoni monosillabici, corti o monotoni.
Fattori di rischio
Molteplici sono i fattori che possono contribuire allo sviluppo del Mutismo Selettivo.
Muris e Ollendick (2015) propongono un modello psicopatologico e multi componenziale che integra più fattori di rischio:
- Fattori genetici e fisiologici: è stato dimostrato che le famiglie di bambini con MS presentano problematiche psicopatologiche legate allo spettro dell’ansia. Questi dati oltre a evidenziare la componente ereditaria del disturbo, confermano l’adeguatezza dell’inserimento del MS tra i disturbi d’ansia e supportano la comorbilità del MS con il disturbo d’ansia sociale (Stein et al.,2011);
- Fattori temperamentali: l’inibizione comportamentale (tendenza abituale a mostrare paura o evitamento di fronte a persone, situazioni, oggetti nuovi o non familiari) e i tratti di timidezza e isolamento (incapacità di rispondere in modo adeguato alle situazioni sociali) possono essere importanti fattori di rischio (Muris e Ollendick, 2015);
- Fattori ambientali e familiari: lo stile genitoriale, in particolare l’inibizione sociale dei genitori e genitori iperprotettivi o più controllati possono anch’essi contribuire (Muris & Ollendick, 2015).
Ruolo della famiglia e della scuola
La famiglia e la scuola sono i principali ambienti e contesti in cui il bambino vive e si relaziona con le altre persone, perciò la conoscenza del disturbo e il lavoro con i genitori e gli insegnanti è importante per sostenere i bambini.
Il grado di ansia del bambino, in una data situazione, determina la sua capacità a comunicare in quel preciso momento.
Più il bambino intuirà la pressione da parte degli altri, più non sarà rilassato e di conseguenza sarà difficile per lui comunicare (Shipon-Blum, 2010).
- Spesso gli adulti “forzano” il bambino a parlare, incitandolo insistentemente:
- sminuendo la situazione
“Perché non parli?”;
“Il gatto ti ha mangiato la lingua?” - usando “ricatti” e instaurando nel bambino un senso di colpa
“Se parli ti compro quel gioco che vuoi tanto”;
“Se non parli mamma diventa triste”.
- sminuendo la situazione
- Un altro atteggiamento disfunzionale da parte degli adulti è quello di intervenire e sostituirsi al bambini di fronte a richieste verbali.
Questo atteggiamento contribuisce al mantenimento dell’evitamento, istaurando un circolo vizioso basato sul Rinforzo Negativo, in cui l’elemento rinforzante, che porta all’incremento del comportamento disfunzionale, è un comportamento negativo che fa evitare al bambino la situazione temuta (Rezzonico et.al, 2018).
A lungo andare questi comportamenti aggraveranno la situazione, perciò è importante rimuovere questi atteggiamenti per creare un ambiente confortevole e gratificante al fine di aumentare la tranquillità e serenità e ridurre l’ansia.
Trattamento specialistico
Secondo alcuni studi, l’approccio terapeutico più efficace è quello di tipo cognitivo comportamentale (Cohan et.al 2006, Kamani et. al, 2020; Oebeck et.al, 2018).
La psicoterapia cognitivo-comportamentale è un tipo d’intervento che tende a modificare l’attività di pensiero disfunzionale che sottostà all’insorgenza del disturbo. Gli obiettivi principali sono orientati alla riduzione dell’ansia sociale, della quale diventa importante individuarne gli indici comportamentali e cognitivi per giungere a un’effettiva modificazione degli stessi.
Si aiuta, inoltre, il bambino a progredire -attraverso tappe graduali- nella comunicazione, aumentando l’autostima e accrescendo la fiducia in situazioni di carattere sociale (Shipon-Blum, 2010).
Gli obiettivi dell’intervento possono essere così sintetizzati:
- Ridurre la frequenza e l’intensità della risposta d’ansia;
- Aumentare autostima e i sentimenti di sicurezza;
- Fornire strategie per riconoscere e gestire le emozioni negative;
- Diminuire i comportamenti di evitamento e incrementare la verbalizzazione.
Infine, essendo un disturbo che si manifesta in età evolutiva, come già accennato, il ruolo e il supporto degli adulti che ruotano intorno al bambino è di fondamentale importanza.
Attraverso le Psicoeducazione, i genitori acquisiscono un’adeguata conoscenza del disturbo e soprattutto apprendono strategie e modalità adeguate e funzionali di gestione dello stesso.
Bibliografia
APA (2014) Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali quinta edizione DSM 5, Raffaello Cortina Editore.
Cohan SL, Chavira DA, Stein MB. Practitionerreview: Psychosocialinterventions for children with selectivemutism: a criticalevaluation of the literature from 1990-2005. J Child PsycholPsychiatry. 2006;47(11):1085‐1097
D’Ambrosio M, Coletti B. (2002). L’intervento cognitivo-comportamentale nel trattamento del mutismo selettivo. Articolo pubblicato sulla rivista “I care” n. 27:3, pag. 97-103
Elizur, Yoel&Perednik, Ruth. (2004). Prevalence and Description of SelectiveMutism in Immigrant and Native Families: A ControlledStudy. Journal of the American Academy of Child and AdolescentPsychiatry. 42. 1451-9.
IacchiaE., Acarani P. (2018). Momentaneamente silenziosi: Guida per operatori, insegnanti e genitori di bambini e ragazzi con mutismo selettivo. Ed. Franco Angeli
Kamani Z, Monga S. (2020). Understanding the Outcome of ChildrenwhoSelectively Do notSpeak: A RetrospectiveApproach. J Can Acad Child AdolescPsychiatry, 29(2):58‐65.
Muris P, OllendickTH.(2015)ChildrenWho are Anxious in Silence: A Review on SelectiveMutism, the New AnxietyDisorder in DSM-5. Clin Child FamPsychol Rev;18(2):151‐169.
Oerbeck, Beate et al.(20189 “Treatment of selectivemutism: a 5-year follow-up study.” Europeanchild&adolescentpsychiatry vol. 27,8:997-1009.
Rezzonico G., IacchiaE., Monticelli M. (2018). Mutismo selettivo. Sviuluppo, diagnosi e trattamento multisituazionale. Ed.Franco Angeli
Shipon-Blum E. (2010). Comprendere il Mutismo Selettivo, Ed. La meridiana.
Stein MB, Yang BZ, Chavira DA, et al. (2011). A common geneticvariant in the neurexinsuperfamilymember CNTNAP2 isassociated with increasedrisk for selectivemutism and social anxiety-related traits. BiolPsychiatry. ;69(9):825‐831.
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