di Marzia Casilli
In Persone Normali, Sally Rooney la giovane autrice irlandese, classe 1991, racconta nel suo romanzo, (diventato anche una serie tv), uno di quegli amori che esistono nel silenzio delle stanze chiuse con quei pochi raggi di sole che sopravvivono attraversando le fessure delle serrande, nei messaggi mai inviati, nei minimi passaggi di tempo, negli sguardi che si sfiorano senza mai trattenersi davvero.
La storia di Marianne e Connell è un amore che altro non è che una pausa tra un ritorno e l’altro, una costante oscillazione tra il desiderio di appartenersi e l’incapacità di farlo davvero.
Connell e Marianne sono due creature fatte di fragilità e ombre. Lui, figlio di una madre single, cresciuto con un forte senso del pudore e del dovere, lotta con l’insicurezza e la paura di non essere abbastanza. Lei, nata in una famiglia molto benestante, fredda e priva d’amore, distaccata e gelida, ha imparato fin da piccola a vedere se stessa attraverso gli occhi altrui, cercando un’approvazione che non arriva mai.
Si incontrano tra i banchi di scuola, nel piccolo mondo chiuso della provincia irlandese, tra questi prati verdi immensi immensi, i vicoli di Carricklea, un piccolo centro fuori Sligo, e le spiagge sconfinate, e tra loro nasce qualcosa che va oltre l’attrazione: una forma di riconoscimento reciproco, una connessione profonda che li unisce e li divide allo stesso tempo. Perché se Connell ha paura di ciò che gli altri pensano di lui, Marianne si è abituata a essere invisibile, a portare dentro il peso del rifiuto, persino a desiderarlo.
La loro storia è un rincorrersi e un perdersi continuo. Quando potrebbero stare insieme, qualcosa li allontana. Quando finalmente si ritrovano, il tempo e la vita li spezzano di nuovo.
Ma la verità più dolorosa per Connell e Marianne è che il loro problema non è il mondo esterno, ma loro stessi. Sono due anime frammentate che vorebbero curarsi ma non sanno guarirsi a vicenda. Connell non riesce a trovare le parole giuste per dire a Marianne quanto ha bisogno di lei, perché è stato cresciuto in un mondo dove le emozioni si nascondono dietro il silenzio. Marianne, invece, cerca negli altri una forma di espiazione, come se l’amore potesse essere solo qualcosa che fa male.
Eppure, ogni volta che si separano, qualcosa li richiama indietro. Perché Connell e Marianne non possono stare insieme, ma non sanno nemmeno esistere l’uno senza l’altra.
É un lusso che solo i giovani possono permettersi, quello di perdere tempo, sperperare amore. Piangere sull’amore versato, essere disperati, disintegrati dalla vita.
Forse la Rooney vuole dirci che alcuni amori non sono fatti per essere vissuti, ma solo per essere ricordati. Ammesso che poi li ricordiamo bene.
Ritratto di Marianne: in bilico tra fragilità ed espiazione
Marianne Sheridan è un personaggio complesso, sfaccettato e profondamente segnato dai suoi traumi. Attraverso il suo percorso, la vediamo oscillare tra momenti di straordinaria lucidità e una vulnerabilità che la rende quasi impalpabile, sempre sul punto di spezzarsi sotto il peso delle sue insicurezze e dei suoi bisogni inespressi.
Sin dalle prime pagine del romanzo, Marianne appare come una ragazza isolata, non solo fisicamente, ma anche emotivamente. Una ragazza che porta il peso della solitudine e del senso di estraneità.
Viene descritta dalla Rooney come brillante e indipendente, ma anche fredda e distaccata, incapace di connettersi con i suoi coetanei in un ambiente liceale ostile. “A scuola non parla mai con nessuno. La gente sa chi è, ma non le rivolge la parola.”
Questa solitudine non è casuale, ma il risultato di un ambiente familiare tossico. La madre di Marianne è distante, indifferente alle sofferenze della figlia, mentre il fratello Alan incarna un abuso costante, fatto di umiliazioni e vessazioni psicologiche e fisiche che Marianne subisce in silenzio, quasi convinta di meritarle. La sua bassa autostima è il riflesso di questi rapporti disfunzionali, e la porterà a cercare l’affetto in relazioni segnate da dinamiche di potere e sottomissione.
“Ho imparato che in qualche modo si può desiderare quello che non si vuole.”
Il legame tra Marianne e Connell è il fulcro della sua evoluzione emotiva. Connell è l’unico che riesce a intravedere il vero volto di Marianne, al di là delle maschere di superiorità che indossa per proteggersi dal mondo. Con lui si sente al sicuro, ma allo stesso tempo la loro relazione è segnata da incomprensioni, silenzi e da un’insicurezza reciproca che li spinge a ferirsi a vicenda.
“La maggior parte della gente vive una vita intera senza mai sentirsi davvero così vicino a qualcuno.”
Quando Marianne e Connell iniziano a frequentarsi in segreto durante il liceo, emerge subito la disparità di potere sociale tra loro: Connell è popolare, lei per niente, anzi è emerginata, presa di mira, derisa per il suo aspetto, la sua fisicità così magra, una figura esile, sottile, quasi aleatoria, con quelle scapole che le furoiescono da sotto ai vestiti leggeri come due ali d’ossa.
“Sei piatta come un’asse da stiro.”
Per questo motivo, un giovanissimo e immaturo Connell, si vergogna di essere visto con lei e decide di non portarla al ballo di fine anno, un gesto che la ferisce profondamente. Questo episodio diventa il primo di una serie di distacchi che segneranno il loro rapporto nel tempo.
Nonostante tutto, il filo che li lega non si spezza mai davvero.
A Dublino, durante gli anni universitari, i ruoli si invertono: Marianne fiorisce in un ambiente che valorizza la sua intelligenza e sensibilità, mentre Connell si sente fuori posto, intrappolato in quella vita che ha lasciato indietro, che nemmeno gli piaceva poi, ma almeno lì era il re della festa, tutto ruotava intorno a lui. Tutto era controllabile. Ora sente che sta perdendo tutto.
Quando Rob, il suo migliore amico del liceo si suicida, Connell ha un grande crollo emotivo, comincia a soffrire di ansia, attacchi di panico e depressione. A volte sta una giornata intera spalmato sul pavimento senza trovare la forza, la volontà di alzarsi. A volte gli sembra che il cuore e le orecchie stiano per esplodergli. A volte sente tutto troppo poco, a volte sente tutto troppo, e cade preda di una nostalgia crudele e spiazzante.
“Voglio dire, quegli amici non ci sono più. Rob se n’è andato, non lo rivedrò mai più. Non potrò mai più riavere quella vita.”
Entra in terapia e tutto questo sentire gli permette un po’ più avanti di trovare nella scrittura la sua massima forma di talento e di espressione. Espressione e talento che a un certo punto riversa in un fitto rapporto epistolare con Marianne, fatto di lunghe e dettagliate mail.
“La sensazione è che il il gesto di scriverle, sia espressione di un principio più ampio ed essenziale, qualcosa della sua identità o di ancora più astratto che ha a che fare con la vita stessa.”
Grazie alla scrittura e all’incoraggiamento di Marianne, Connell inizia a intraprendere la sua strada come scrittore e sente di aver trovato il suo posto.
E intanto continua il loro amore tormentato dalle insicurezze e dai loro vicendevoli demoni interiori.
La sofferenza di Marianne si manifesta anche nel modo in cui vive il desiderio e la sessualità. Il bisogno di sottomissione nelle sue relazioni sentimentali diventa un riflesso del dolore che ha interiorizzato fin dall’infanzia.
“Puoi fare quello che vuoi con me”, dice a un suo compagno in una relazione tossica, evidenziando il suo bisogno di annullarsi per sentirsi amata.
“Forse ho voglia di farmi trattare male, non so. A volte penso che mi merito delle brutte cose perchè sono una brutta persona”
Questo lato oscuro di Marianne è una delle sue caratteristiche più dolorose e reali: è una giovane donna che non si sente degna di amore se non attraverso la sofferenza.
Anche il rapporto con il cibo e con il proprio corpo è segnato dalla stessa autodistruzione. Marianne non si prende cura di sé, si lascia consumare dal dolore e dall’isolamento emotivo, fino a quando il peso diventa quasi insostenibile.
Ma nel corso del romanzo, Marianne attraversa una lenta trasformazione, come il germoglio di un’orchidea a cui il sole non deve arrivare mai diretto, fa troppo male, allo stesso modo per Marianne la vita, deve arrivarle in obliquo per non distruggerla.
Il suo viaggio è quello di una ragazza che impara, dolorosamente, a capire il proprio valore al di là dell’amore e dell’apprezzamento degli altri. L’amicizia speciale con Connell le offre negli anni dell’università uno specchio in cui vedersi con maggiore lucidità, ma la vera svolta avviene quando inizia a comprendere che non ha bisogno di essere salvata da nessuno, se non da sé stessa.
Alla fine di Persone normali, Marianne è cambiata, ma rimane un personaggio in oscillazione, come lo è la sua relazione con Connell. La loro storia si chiude con un futuro incerto, ma con la consapevolezza che il loro legame è più profondo di qualsiasi definizione. Rimane una storia appena sfiorata, sospesa.
A volte le vite sospese, sono però le più sicure.
“Si può amare e lasciare che l’amore esista senza possederlo, senza tentare di imprigionarlo dentro qualche definizione.”
Possiamo certamente dire che Marianne Sheridan è una delle protagoniste più intense e complesse della letteratura contemporanea. La sua storia è quella di una giovane donna che lotta con le cicatrici del passato, che cerca disperatamente di essere amata, ma che alla fine deve imparare a bastare a se stessa.
Sally Rooney la dipinge con una delicatezza crudele, facendoci sentire ogni sua ferita, ogni suo momento di speranza e di sconforto.
Marianne non è un’eroina, non è una vittima, è solo incredibilmente umana, una donna che fa una fatica immane a diventare presente a se stessa, ma che alla fine ci riesce.
E per questo, è impossibile da dimenticare.
“Avere finalmente la sensazione che la vita stia accadendo qui, in questo luogo e non da qualche altra parte.”