di Mariangela Prudenzano
La gestione dei capricci dei bambini è una delle difficoltà più diffuse tra i genitori.
Sono tante le situazioni che possono scatenare pianti e crisi di rabbia, a cui gli adulti non sanno attribuire un significato.
È bene chiarire che il capriccio non è un semplice comportamento oppositivo di ‘non obbedienza’, ma il risultato della frustrazione che il bambino prova quando ha difficoltà a farsi comprendere o non riesce ad eseguire un compito.
Dietro al capriccio si nascondono una serie di messaggi che i bambini tentano di inviarci attraverso il solo canale comunicativo che conoscono, in base alla loro fase di sviluppo.
Negli ultimi anni, le neuroscienze ci hanno permesso di conoscere alcuni meccanismi di funzionamento del cervello dei bambini, chiarendo così le ragioni di alcuni comportamenti e fornendo agli adulti la possibilità di prevedere, comprendere al meglio e di relazionarsi in modo efficace con i bambini.
In tal modo si favorisce lo sviluppo emotivo e di conseguenza si tenta di prevenire eventuali difficoltà.
Cosa sono i capricci?
Molto spesso si associa il termine “capriccio” a un gesto provocatorio che il bambino mette in atto per testare l’adulto e metterlo in difficoltà.
In realtà, è una risposta del cervello del bambino a situazioni ed emozioni troppo complesse da gestire.
Il pianto e le urla dei bambini sono quindi indicativi di un bisogno, oltre a essere l’unico strumento di comunicazione.
Alcuni bambini non hanno ancora sviluppato quella capacità definita “regolazione emotiva”, ovvero una serie di strategie e comportamenti messi in atto dall’individuo per regolare l’emozione provata in un dato momento. (Thompson & Calkins, 1996).
La regolazione emotiva è inversamente proporzionale all’età: più si è piccoli meno si riesce a controllare le proprie emozioni. Durante l’infanzia, in particolare nel primo anno di vita, la regolazione emotiva si configura come un processo essenzialmente diadico, in cui assume un ruolo fondamentale l’attività regolatoria svolta dal genitore o caregiver.
In particolare:
- Già a due mesi i bambini sarebbero in grado di discriminare le espressioni facciali prodotte dagli adulti attribuendovi uno stato emotivo e regolare la propria risposta emotiva.
In queste prime fasi del percorso evolutivo è dunque il genitore a interpretare i segnali del bambino e offrire il proprio aiuto al piccolo nella modulazione delle sue emozioni (Barone, 2007); - Intorno ai 2/3 anni, i bambini iniziano a percepirsi come persone separate dal genitore/figura di accudimento, sviluppando una propria identità.
Si esprimono spesso con il ‘no’, rigettando le richieste dell’adulto, spesso solo per il gusto di non compiacere; - Nel periodo prescolare, tra i 3 e i 5 anni, matura gradualmente la capacità di autoregolazione emotiva: la figura del genitore è utilizzata come base per contenere gli impulsi, definire i limiti e le regole.
Inoltre, in questa fase dello sviluppo, la conoscenza più articolata di emozioni consente al bambino di incrementare le proprie capacità espressive e indirizzare la richiesta emotiva in maniera finalizzata; - Verso i 6 anni, i cambiamenti nello sviluppo cognitivo consentono al bambino di autoregolarsi e di mettere in atto strategie di coping appropriate ai diversi contesti sociali (Barone, 2007).
Il contributo delle neuroscienze
Il primo errore che gli adulti commettono nella gestione dei capricci dei bambini è quello di comparare le capacità cognitive di un bambino a quelle di un adulto.
Nella primissima infanzia, il cervello del bambino non ha ancora le competenze per riuscire a gestire le proprie emozioni, frustrazioni e pulsioni: le zone cerebrali incaricate di questa gestione non sono completamente maturate.
La capacità di autoregolare il comportamento e le proprie risposte emotive è attribuita alle Funzioni Esecutive, abilità volte al controllo volontario dei processi cognitivi e comportamentali utili a compiere tutti i passi necessari al raggiungimento di obiettivi prefissati (Barkley, 1997).
Le Funzioni Esecutive rispondono al controllo della corteccia prefrontale, un’area anteriore del lobo frontale implicata appunto nella pianificazione dei comportamenti cognitivi complessi (Yang e Rain, 2009), che comincerà a maturare solo a partire dai 5 anni.
Prima di questa età, il bambino non è in grado di controllare le sue reazioni emozionali e pertanto esprime tutte le sue emozioni senza filtri.
Come gestire i capricci?
Risulta fondamentale il ruolo che gli adulti hanno nel supportare i bambini nell’acquisizione delle abilità di regolazione emotiva efficaci, che incidano positivamente sul loro stato psicologico.
È indispensabile anche che il bambino abbia i suoi spazi in cui poter affermare se stesso e fare delle cose autonomamente: in questo modo, avrà meno bisogno di opporsi e di mettere in atto i “capricci”.
Fondamentale è la coerenza delle regole, che devono essere poche ma rilevanti: questa coerenza è determinante sia per i bambini che per i genitori, perché mette al riparo tutti da reazioni emotive incontrollate.
Importante è anche la comunicazione: spingere il bambino a comunicare non solo la situazione, ma il modo in cui esso si è sentito in quella situazione, il suo vissuto, le sue reazioni.
Ciò favorisce una maggiore elaborazione e organizzazione dell’esperienza, utile per esprimere e “lasciar andare” tutte le emozioni negative legate all’evento.
Il Trattamento dei comportamenti problema tramite il parent training
L’acquisizione di utili modalità di gestione dei propri stati emotivi in età evolutiva si configura come un importante fattore di protezione rispetto a diverse problematiche psicopatologiche (Piron, Caselli, Sarracino, Ruggiero & Sassaroli,2019).
Diversi studi hanno confermato l’efficacia del trattamento cognitivo-comportamentale nell’infanzia e nell’adolescenza (Gorman, 2004; Compton et al., 2004): difatti sono stati diffusi nelle scuole alcuni programmi per la prevenzione dei disturbi emotivi, come L’Educazione Razionale-Emotiva (Agostini 1999; Di Pietro 2013).
Quando la gestione dei capricci diventa per il genitore un evento eccessivamente stressante, può risultare efficace un parent training, un intervento psicologico di natura psicoeducativa rivolto ai genitori.
Il Parent Training è fondamentale per tutti i problemi comportamentali in età evolutiva e risulta efficace nell’insegnamento di strategie da applicare nella quotidianità in ogni momento critico di crescita (Menghini et al., 2019).
Quest’intervento ha lo scopo di migliorare i livelli di competenza del genitore nel monitorare e gestire il comportamento dei figli e favorire la loro competenza sociale ed emotiva, oltre che allenare a riconoscere e rinforzare i comportamenti positivi del figlio.
Dove effettuare il parent training
SEDE DI ROMA
SEDE DI LECCE
Teleriabilitazione
Presso Istituto Santa Chiara è attivo il servizio di teleriabilitazione dedicato sia ai pazienti in età evolutiva che a quelli adulti.
I pazienti potranno avere a disposizione i professionisti, comodamente e ovunque, senza incidere sulla qualità della terapia, che verrà rimodulata e proposta online, caso per caso.
Gli psicoterapeuti di Istituto Santa Chiara sono a tua disposizione a distanza in tutta Italia
Bibliografia
Bagdadi, M. P. (2002). Genitori non si nasce ma si diventa. Come affrontare capricci, manie, enuresi notturna, pedofilia, separazione, sessualità adolescenziale (Vol. 117). FrancoAngeli.
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Barone, L. (2007). Emozioni e sviluppo: Percorsi tipici e atipici. Carocci.
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Di Pietro, M. (1992). L’educazione razionale-emotiva: per la prevenzione e il superamento del disagio psicologico dei bambini (Vol. 12). Centro studi Erickson.
Di Pietro M., Bassi E., (2013) L’intervento cognitivo-comportamentale in età evolutiva: strumenti di valutazione e tecniche per il trattamento. Edizioni Erickson
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Piron, R., Caselli, G., Sarracino, D., Ruggiero, G. M., & Sassaroli, S. (2019). La Terapia Razionale Emotiva Comportamentale in età evolutiva e lo sviluppo in Italia dell’Educazione Razionale Emotiva. Dagli aspetti teorici alla pratica psicoeducativa. Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale, 25(2).
Riva Crugnola, C. (2014). Intersoggettività, regolazione emotiva e attaccamento nella prima infanzia. Intersoggettività, regolazione emotiva e attaccamento nella prima infanzia, 135-149.
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