16 Giu 2022

“Sogno o son desto?”: come affrontare l’insonnia ai tempi del digitale

di Marika Balsamo


Sarà capitato a chiunque, qualche volta, di non riuscire a prendere sonno o di svegliarsi durante la notte, magari in contemporanea a eventi o periodi di vita intrisi di ansia e di stress.
Episodi simili, isolati e sporadici, caratterizzano l’insonnia acuta, che scompare in seguito all’ estinzione dello stressor.

Si parla di insonnia cronica, invece, quando il disturbo si presenta con una frequenza di almeno 3 notti a settimana per un periodo di tre mesi o più (Vargas et al., 2020).

L’insonnia rappresenta il 90% dei disturbi del sonno: nella forma cronica riguarda dal 10% al 13% della popolazione italiana, mentre nelle forma acuta fino al 60% (Prosperpio et al., 2018).
Essa può essere di tre tipologie differenti:

  1. può presentarsi come difficoltà ad addormentarsi (iniziale);
  2. con risvegli continui nel corso della notte (centrale)
  3. o con risvegli mattutini seguiti dall’ impossibilità di riaddormentarsi (terminale).

È importante riconoscere prontamente l’entità del disturbo per prevenirne l’impatto sulla quotidianità.
La deprivazione persistente di sonno può essere seguita da sintomi come:

  • stanchezza cronica
  • calo attentivo
  • difficoltà mnestiche
  • irritabilità
  • umore depresso.

E, ancora, problematiche più serie come ipertensione, problemi cardiovascolari e diabete, in quanto la carenza di sonno influenza il metabolismo (Hertenstein et al., 2019; Palagini et al., 2013).

Perché è importante dormire bene?

Attenzione: non solo dormire! Ma dormire bene.

Qualità e quantità del sonno non sono la medesima cosa. Per senso comune si crede che dormire sia una condizione passiva, in cui tutto il nostro corpo è inerme: in realtà il sonno è uno stato “attivo” (basti pensare alla fase REM) in cui si rafforzano diversi processi fondamentali per la nostra vita.

Dormire è, infatti, importante per il consolidamento della nostra memoria, per l’ apprendimento e per la sintesi di alcuni ormoni (Kapsi et al., 2020). Il sonno “di qualità” aiuta il nostro cervello a eliminare le tossine che i neuroni producono durante il giorno, come per esempio la proteina beta-amiloide (il cui accumulo è connesso alla demenza di Alzheimer).

Una analisi svolta dalla National Sleep Foundation ha fornito importanti raccomandazioni sulle ore di sonno necessarie per ogni fascia d’età (Hirshkowitz et al., 2015): si va dalle 14-17 ore per i neonati, alle 7-9 ore per l’età adulta/anziana, passando dalle 9-13 ore necessarie durante infanzia e adolescenza.

Quali possono essere le cause dell’insonnia?

Un famigerato modello eziologico dell’insonnia, denominato “Modello delle 3P” (Spielman & Glovinsky,1991), identifica tre fattori coinvolti nel suo sviluppo e nella sua persistenza:

  • I fattori predisponenti che rendono maggiormente vulnerabili all’insorgenza dell’insonnia: età avanzata, genere femminile, familiarità col disturbo, caratteristiche individuali
  • I fattori precipitanti: eventi stressanti o traumatici; problemi familiari, lavorativi o di salute; preoccupazioni
  • I fattori perpetuanti: comportamenti e credenze disfunzionali sul sonno che rendono l’insonnia perdurante.
    I fattori perpetuanti sono di quattro tipologie:
    • Convinzioni erronee sulle ore di sonno: sebbene vi siano delle indicazioni rispetto al numero di ore di sonno consigliate per fascia d’età, vi sono persone che necessitano di numerose ore di sonno per sentirsi riposate e altre che sentono la medesima sensazione anche dopo aver dormito poche ore
    • Preoccupazioni relative alla perdita di sonno: sono comunemente note le ripercussioni sulle attività giornaliere e i danni alla salute
    • Ansia e tensione anticipatoria: l’ansia generata dal timore di non dormire (“e se non dormissi nemmeno stanotte?”) alimenta l’insonnia che, a sua volta, induce ulteriore ansia fomentando così un circolo vizioso
    • Credenze disfunzionali sui comportamenti che promuovono il sonno: si adottano comportamenti scorretti credendo di facilitare il sonno, come ad esempio sforzarsi di dormire, guardare la televisione o strumenti digitali stando a letto, fare uso eccessivo di farmaci, bere alcool prima di andare a letto.

In che modo la tecnologia digitale influenza il nostro sonno?

L’utilizzo dei dispositivi elettronici permea la nostra quotidianità: negli ultimi decenni è avvenuta una “rivoluzione digitale” che ha modificato le nostre modalità di comunicazione e di interazione.

L’epoca odierna è stata definita da Janna Quitney Anderson, ricercatrice dell’Università di Elon, “Always On”, ovvero la generazione di coloro che, vivendo sempre online, ignorano com’è un mondo senza Internet (Antonella, 2018).

Per bambini e adolescenti, in particolare, smartphone e social sono un mezzo per creare e mantenere i rapporti sociali; ciò rende osservabile, soprattutto in queste fascia d’età, una dipendenza rilevante da tali strumenti.

La luce blu – presente nell’illuminazione artificiale di computer, smartphone, tablet e televisori – induce un ritardo di fase circadiano, sopprimendo il rilascio di melatonina e alterando, di conseguenza, la qualità del sonno con aumento di vigilanza e di attività cognitiva (Patil et al., 2019).
Tenere accanto a sé un piccolo schermo durante la notte potrebbe alterare il sonno a causa delle notifiche, acustiche e luminose, capaci di ritardare ma anche interrompere il riposo (Falbe et al., 2015).

I dispositivi elettronici creano in noi un perenne stato di allerta: la rapidità con cui scorrono colori, immagini e suoni sul display provoca una sovrastimolazione del cervello. Maratone di serie tv, ore al telefono sui social e videogiochi online inviano al nostro cervello un segnale contrario a quello di rilassarsi e di dormire.

Come affrontare l’insonnia?

Un trattamento efficace per il disturbo d’insonnia è la terapia cognitivo-comportamentale per l’insonnia, nota anche come CBT-I : si tratta di un programma strutturato che aiuta a identificare e modificare quei pensieri, quelle emozioni e quei comportamenti che causano o peggiorano l’insonnia, promuovendo abitudini positive.
La CBT-I punta, mediante varie tecniche, a rinforzare l’associazione “camera-letto-sonno” ; a ridurre il tempo in cui si sta a letto senza dormire; a riformulare aspettative e atteggiamenti negativi sul sonno; a rilassare il corpo (Taylor & Pruiksma, 2014).
Ecco perché anche le tecniche di Mindfulness sembrano avere efficacia nel trattamento dell’insonnia.

Esistono, inoltre, delle “Regole di Igiene del Sonno” utili a migliorare la qualità del sonno e a prevenirne i disturbi.

10 suggerimenti per favorire il riposo notturno

Di seguito un decalogo di suggerimenti da seguire nel corso della giornata per favorire il riposo notturno:

  1. Evita i sonnellini durante il giorno per facilitare l’addormentamento serale
  2. Evita l’assunzione di caffeina e nicotina già dal tardo pomeriggio, in quanto si tratta di sostanze che eccitano il sistema nervoso
  3. Fai attività fisica regolarmente
  4. Evita l’abuso di alcolici
  5. Evita pasti pesanti prima della cena, ma non mangiare nemmeno così poco da essere svegliat* dalla fame
  6. Rendi la tua stanza da letto silenziosa, buia e di temperatura adeguata
  7. Non guardare la televisione e non leggere a letto perché tali attività pretendono che la tua mente sia sveglia: l’associazione “letto-veglia” potrebbe contrastare il sonno
  8. Stai sdraiat* a letto solo se assonnat* e non rimanerci per più di 10 minuti se comprendi di non avere sonno
  9. Vai a dormire e svegliati sempre alla stessa ora, così da creare un’abitudine funzionale
  10. Non guardare continuamente l’orario e posiziona la sveglia lontano da te per evitare “ansie di addormentamento”.

Bibliografia

Proserpio P., Arnaldi D., Biggio G., et al. (2018), Insomnia in primary care: a survey conducted on the Italian population older than 50 years. Results from the Sonno and Salute study. Journal of Sleep Research; 27: 412-413.

Hertenstein E., Feige B., Gmeiner T., et al.(2019), Insomnia as a predictor of mental disorders: a systematic review and meta-analysis. Sleep Medicine Reviews; 43: 96-105.

Palagini L., Bruno R., Gemignani A., Baglioni C., Ghiadoni L. & Riemann D. (2013), Sleep loss and hypertension: a systematic review. Current Pharmaceutical Design; 19: 2409.

Hirshkowitz M., Whiton K., Albert S.M., Alessi C., Bruni O. et al. (2015), National Sleep Foundation’s sleep time duration recommendations: methodology and results summary. Sleep Health;1(1):40-43.

Vargas I., Nguyen M.A., Muench A., Bastien H.C., Ellis G.J. & Perlis L.M. (2020), Acute and Chronic Insomnia: What Has Time and/or Hyperarousal Got to Do with it?. Brain Science; 10(2): 71.

Kapsi S., Katsantoni S. & Drigas A. (2020), The Role of Sleep and Impact on Brain and Learning, International Journal of Education and Science; 8(3), 59-68.

Antonella, R. D. (2018). Bambini e tecnologie digitali: Opportunità, rischi e prospettive di ricerca. 222.

Patil A., Bhavya Chaudhury S., & Srivastava S. (2019), Eyeing computer vision syndrome: Awareness, knowledge, and its impact on sleep quality among medical students. Industrial Psychiatry Journal, 28(1), 68–74.

Falbe J., Davison K. K., Franckle R. L., Ganter C., Gortmaker S. L., Smith L., Land T., & Taveras E. M. (2015). Sleep Duration, Restfulness, and Screens in the Sleep Environment. Pediatrics, 135(2),367–375.

Taylor D.J & Pruiksma K.E. (2014), Cognitive and behavioural therapy for insomnia (CBT-I) in psychiatric populations: a systematic review. International Review of Psychiatry; 26(2); 205-213

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