06 Mag 2022

La psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT-E) nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione e nutrizione

di Alice Montanaro


Secondo la National Institute for Health and Care Excellence (NICE) del Regno Unito (2004), la psicoterapia cognitivo-comportamentale rappresenterebbe uno dei gold standard per il trattamento psicologico dei disturbi del comportamento alimentare (DCA), in quanto dimostrata scientificamente attraverso studi di efficacia (Hay, 2013).
In effetti, le evidenze a supporto delle terapie cognitivo-comportamentali (CBT) derivano da più di 20 anni di studi controllati e randomizzati che hanno permesso di concludere che la compliance a questo tipo di intervento sia maggiore rispetto all’aderenza a qualunque altro orientamento e che la CBT nel trattamento dei disturbi alimentari sia più efficace anche rispetto alle terapie farmacologiche (Fairburn et al., 2015).

Il modello cognitivo-comportamentale è un orientamento che raggruppa in sé molteplici teorie, accomunate tuttavia dall’assunto che qualsiasi intervento, per essere utilizzato, debba essere consolidato da un’ampia mole di ricerche empiriche; è per tale ragione che il trattamento dei DCA è sottoposto a continue rivisitazioni; infatti, poiché il 40-50% delle pazienti trattate con CBT classica va incontro a ricadute ed ulteriori ospedalizzazioni, un tasso comunque troppo basso per soddisfare la comunità di terapeuti e pazienti, e poiché la CBT per i disturbi alimentari è stata ideata principalmente per il trattamento della bulimia nervosa (CBT-BN) e poi adattata per essere impiegata anche con gli altri disturbi dell’alimentazione, è stata sviluppata una nuova tecnica, la terapia cognitivo-comportamentale migliorata (CBT-E, enhanched; Fairburn et al., 2013)

La teoria cognitivo-comportamentale transdiagnostica

Per far fronte alla mancanza di una terapia trasversale a tutti disturbi dell’alimentazione, Fairburn ed il suo gruppo di ricerca dell’Università di Oxford (UK) hanno sviluppato un trattamento più efficace rispetto alle altre terapie cognitivo-comportamentali, che potesse essere utilizzato non solo con la bulimia nervosa, ma anche con l’anoressia nervosa e i disturbi dell’alimentazione non altrimenti specificati (NAS) (Bontempi & Dalle Grave, 2012).

Questo trattamento, che prende il nome di Terapia Cognitivo-Comportamentale Migliorata (CBT-E), si basa sulla teoria cognitivo-comportamentale transdiagnostica. Secondo quest’ultima, anoressia nervosa (AN), bulimia nervosa (BN) e disturbi dell’alimentazione NAS (DCA NAS) non sarebbero tre disturbi separati, ma un’unica categoria diagnostica. Infatti, ciò che più sorprende riguardo ad AN, BN e DCA NAS non è ciò che li differenzia, ma le loro similitudini cognitive, comportamentali ed eziopatogeniche.
In altre parole, secondo Fairburn e coll., le tre diagnosi condividerebbero la stessa psicopatologia specifica ed è per questo che dovrebbero rispondere alle medesime strategie terapeutiche (Fairburn & Harrison, 2003). È bene specificare che la teoria transdiagnostica che sostiene la CBT-E si focalizza più sui processi di mantenimento dei disturbi dell’alimentazione che su quelli responsabili del suo esordio, nonostante non si escluda che i diversi fattori possano sovrapporsitra loro (Fairburn et al., 2003).

Psicopatologia specifica dei disturbi dell’alimentazione

La psicopatologia dei disturbi dell’alimentazione, secondo Fairburn e coll. (Fairburn & Harrison, 2003), può essere distinta in “specifica” e “generale”. La prima fa riferimento alle caratteristiche presenti solo nei DCA, mentre la seconda ai disturbi dell’umore e della personalità che sono tuttavia comuni anche ad altre patologie psichiatriche. In questa sede, saranno prese in disamina le sole caratteristiche specifiche:

  1. Nucleo Psicopatologico dei Disturbi dell’Alimentazione

I disturbi dell’alimentazione sono principalmente dei disturbi cognitivi caratterizzati da un’eccessiva valutazione della forma del corpo e del peso e del loro controllo (Fairburn et al., 2009), aspetto che inevitabilmente influenza negativamente tutte le altre aree di funzionamento (personale, sociale e lavorativo). Alcuni pazienti possono impiegare anche giornate intere davanti allo specchio o sulla bilancia (sviluppando vere e proprie compulsioni), altri possono invece mettere in atto comportamenti di evitamento (es. rifiutarsi di conoscere il proprio peso proprio perché anche una piccola fluttuazione sarebbe per loro inaccettabile). Talvolta la valutazione dell’aspetto fisico può non essere il fulcro comportamentale; infatti in alcuni individui è presente il solo controllo alimentare che viene effettuato mediante diete restrittive ed inflessibili o evitamento del cibo. Questo profilo è più diffuso nelle fasi di esordio. Va specificato che l’alimentazione nei pazienti con DCA può essere alterata non soltanto per ragioni legate al corpo o al cibo, ma anche per altre motivazioni come la necessità di attirare attenzioni su di sé o la sensazione che nella vita non si possa controllare nient’altro, ma un alterato rapporto con il proprio corpo e con il cibo è sempre presente.

  • Abitudini alimentari, Controllo del Peso e Peso Corporeo

Il nucleo psicopatologico inevitabilmente influenza le abitudini alimentari. Alcuni individui possono mangiare inflessibilmente solo in determinati orari o possono rifiutarsi di mangiare in pubblico. Altri possono mangiare solo alcuni cibi e imporsi di non superare uno specifico numero di calorie.

Si tratta di una vera e propria restrizione dietetica cognitiva che induce i pazienti a pensare di essere giusti, buoni, perfetti solo quando essa viene rispettata; infatti gli sforzi per limitare la quantità di cibo ingerita possono avere più o meno successo e non è detto che essi si traducano in una vera e propria dieta ipocalorica.

Alcuni individui, inoltre, effettuano attività fisica eccessiva, che può andare dall’eseguire obbligatoriamente un determinato numero di passi al giorno all’esercitarsi in modo anomalo, ad esempio praticando diverse sedute di allenamento in una sola giornata. L’esercizio fisico viene spesso utilizzato non solo per mantenere il peso, ma anche per modulare l’umore.

Un’altra caratteristica dei DCA è l’abbuffata, ovvero un episodio di alimentazione durante il quale l’individuo sperimenta una perdita di controllo sulla quantità di cibo ingerita. A prescindere dal fatto che l’abbuffata sia oggettiva (la persona può assumere anche 2000-3000 kcal in un unico pasto) o soggettiva (il cibo assunto non è realmente eccessivo), il paziente sente di non riuscire a bloccarsi, comportamento che sarebbe accompagnato da un’iniziale stato di euforia e successivamente da manifestazioni ansiose e/o depressive.

Le abbuffate possono o meno essere seguite dal purging, ovvero comportamenti che hanno l’obiettivo di controllare il peso (es. vomito auto-indotto, uso di lassativi o diuretici). Questa strategia può presentarsi anche in modalità autonoma con il fine di controllare il peso.

Di norma, a parte gli episodi di abbuffata, l’eccessiva alimentazione non è presente nei pazienti con anoressia nervosa. È invece più comune nella bulimia nervosa e nei disturbi dell’alimentazione NAS. Infatti, mentre nell’AN il peso è al di sotto della norma, nella BN e nei DCA NAS, l’IMC può essere nel range dei valori normativi o al di sopra.

Struttura del trattamento della CBT-E

La CBT-E ha generalmente una durata fissa (nella maggior parte dei casi si tratta di 20 sedute in 20 settimane) ed è distinta in quattro fasi principali (Fairburn et al., 2013).

La Fase Uno è una fase iniziale che si prepone principalmente di motivare il paziente al trattamento e di educarlo a due importanti pratiche da applicare con costanza durante il trattamento: “pesarsi in seduta” e “mangiare regolarmente”.

La fase Due è una fase di transizione in cui terapeuta e paziente fanno revisione sul lavoro svolto, discutono i cambiamenti ottenuti, identificano gli ostacoli al trattamento e pianificano insieme la fase Tre.

La Fase Tre è il corpo principale del trattamento. Lo scopo è quello di affrontare i meccanismi più importanti che mantengono il disturbo.

La Fase Quattro è la fase finale del trattamento. Gli obiettivi sono quello di accertarsi che il paziente mantenga il cambiamento e di evitare eventuali ricadute, i cui rischi sono affrontati insieme.

Esistono due principali forme di CBT-E:

  1. Focalizzata (CBT-Ef), che si concentra solo sulla Psicopatologia Specifica dei Disturbi dell’Alimentazione;
  2. Allargata (CBT-Ea), che affronta anche meccanismi esterni al nucleo psicopatologico, come ad esempio il perfezionismo clinico, la bassa autostima e le difficoltà interpersonali;

La CBT-E è anche stata modificata per poter essere impiegata con i pazienti più giovani (Dalla Grave et al., 2013-a) e con coloro che necessitano di un trattamento in regime di ricovero (Dalla Grave et al., 2013-b).

In ogni caso, qualsiasi sia la versione di trattamento, obiettivo principale della CBT-E è quello di aiutare i pazienti a decentrarsi dai loro pensieri e dalla malattia e di far sì che imparino a monitorarsi ed a comprendere il loro funzionamento psichico, per poi evitare, in autonomia, ulteriori scivolate e ricadute.

Efficacia della CBT-E

La CBT-E è ad oggi stata testata in tutte le categorie diagnostiche dei disturbi dell’alimentazione con studi effettuati in Inghilterra, Australia, Danimarca, Germania, USA e Italia.

In generale, i dati emersi dalle ricerche empiriche (es. Danielsen et al., 2016; NICE, 2017) evidenziano che la CBT-E:

  1. può essere applicata con tutti i disturbi dell’alimentazione nella popolazione adulta;
  2. può essere utilizzata sia con pazienti ospedalizzati che in regime di day-hospital;
  3. rappresenta il gold standard per il trattamento della bulimia nervosa, superiore alla terapia psicoanalitica ed alla psicoterapia interpersonale;
  4. ha dimostrato risultati promettenti per il trattamento dei pazienti adulti affetti da anoressia nervosa;
  5. è risultata efficace nel trattamento di pazienti adolescenti affetti da anoressia nervosa e sembra essere una potenziale alternativa alle terapie basate sulla famiglia;

Negli ultimi anni lo studio del comportamento alimentare ha costituito un argomento di forte interesse clinico e scientifico e ciò lo testimoniano i diversi modelli teorici nati con lo scopo di comprendere l’eziopatogenesi e la psicopatologia dei disturbi dell’alimentazione.

La ricerca è ancora in via di sviluppo, ma dagli studi effettuati (per una rassegna, vd. https://www.cbte.co/) si può concludere che la CBT-E sia efficace nel trattamento di pazienti con disturbi dell’alimentazione, adulti ed adolescenti, ospedalizzati ed in regime day-hospital, sia con forme tipiche che con gravi comorbilità psichiatriche (Dalla Grave et al., 2020).
La versione focalizzata (CBT-Ef) e la versione allargata (CBT-Ea) hanno medesima efficacia sia nel determinare un aumento di peso che un miglioramento della psicopatologia specifica manifestata dai pazienti con DCA (Dalla Grave et al., 2013). La CBT, ad oggi, rappresenta in tutte le sue forme l’unico approccio ai Disturbi dell’Alimentazione basato sulle evidenze derivate dalla ricerca scientifica ed è per questo che dovrebbe essere sempre utilizzata come trattamento di prima scelta.

Dove rivolgersi per effettuare CBT-E per i disturbi del comportamento alimentare:

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Presso Istituto Santa Chiara è attivo il servizio di teleriabilitazione dedicato sia ai pazienti in età evolutiva che a quelli adulti.
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