di Marzia Casilli
Ci sono storie che attraversano lo schermo e raggiungono il cuore, storie che ti portano in mondi nuovi e al tempo stesso familiari, che raccontano la complessità della vita con una delicatezza rara. The A Word è una di queste storie. Una serie che parla di autismo, ma soprattutto di umanità, di famiglia, di crescita. Al centro di tutto c’è Joe, un bambino con lo sguardo profondo e una vita interiore di uno spessore immenso, che sembra danzare al ritmo delle canzoni degli anni ’80 che tanto ama.
Il protagonista della serie: Joe
Joe non è solo un bambino con autismo: è un microcosmo, una costellazione di pensieri, di emozioni, di silenzi e di melodie. Ama ascoltare musica nelle sue cuffie, che diventano il suo rifugio, la sua bolla personale. La musica, per Joe, è più di un passatempo: è il linguaggio attraverso cui comunica, il codice che usa per decifrare un mondo che spesso gli appare troppo rumoroso, troppo caotico.
Attraverso gli occhi di Joe, lo spettatore impara a vedere il mondo con una nuova lente. Ogni gesto, ogni parola, ogni interazione è carica di un significato che va oltre l’apparenza, oltre ciò che noi tutti conosciamo. Il suo sguardo si posa sulle cose con una purezza che ricorda a tutti noi quanto sia importante rallentare, ascoltare, osservare… fammi vedere un secondo…
I suoi genitori e la sua famiglia
Ma crescere Joe non è semplice. I suoi genitori, Alison e Paul, vivono il suo autismo in modi diversi, e spesso in conflitto tra loro. Alison, una madre combattiva e determinata, cerca di fare tutto giusto. Vuole aiutare Joe, proteggerlo, ma anche normalizzarlo, affinché possa inserirsi in una società che lei percepisce come intrinsecamente ostile. A volte il suo amore è così intenso da trasformarsi in un’ansia che finisce per soffocarla.
Alison vive nel terrore che Joe non provi emozioni.
Paul, invece, è più rilassato, a volte fin troppo. Preferisce non etichettare Joe, desidera che il figlio viva la sua infanzia senza la pressione di essere aggiustato. Ma questa apparente leggerezza nasconde il peso del senso di colpa e dell’incertezza: sta davvero facendo abbastanza per suo figlio? Riesce ad accettarlo davvero o soffre nel vederlo così diverso dagli altri? Paul vive nel terrore di non riuscire a creare un legame con lui.
Il rapporto tra Alison e Paul è uno specchio delle sfide che molte famiglie affrontano quando si trovano a fare i conti con una diagnosi di autismo.
The A Word non offre soluzioni facili, ma mostra quanto sia importante il dialogo, la comprensione reciproca e l’accettazione dei limiti umani.
Poi c’è sua sorella maggiore, Rebecca, che davvero accetta Joe così com’è e riesce a prendersene cura con una naturalezza disarmante.
Il mondo della scuola
Per Joe, la scuola è un territorio complicato, pieno di regole implicite che non riesce sempre a decifrare. I suoi insegnanti, inizialmente, sono incerti su come gestire il suo comportamento. Ci sono momenti di incomprensione, di frustrazione, ma anche di piccoli, grandi successi. Joe trova un alleato nella sua assistente scolastica, una figura che rappresenta il ponte tra il suo mondo e quello degli altri.
E poi ci sono i compagni di classe, che reagiscono in modi diversi. Alcuni lo evitano, altri lo prendono in giro, ma ci sono anche quelli che lo accettano per ciò che è, costruendo con lui relazioni autentiche, anche se fuori dagli schemi.
Come la serie mette in risalto concretamente alcuni supporti per aiutare i bambini con autismo
Uno strumento utlizzato spesso a scuola, e anche poi in casa, per aiutare Joe a comprendere meglio come funziona il mondo sono le storie sociali.
Le storie sociali, ideate da Carol Gray, sono racconti personalizzati e strutturati per insegnare abilità sociali e comportamentali in modo visivo e accessibile a bambini con difficoltà.
Queste storie aiuteranno Joe a comprendere e affrontare situazioni sociali che possono risultare per lui difficili o confuse.
Come le storie sociali vengono rappresentate nella serie
- Supporto alla comprensione del contesto sociale: Joe, come molti bambini nello spettro autistico, fatica a decodificare segnali sociali impliciti e a prevedere le reazioni delle altre persone. Le storie sociali nella serie vengono usate per spiegare situazioni come l’interazione con i compagni di scuola o la gestione di cambiamenti nella routine.
- Uso di un linguaggio chiaro e semplice: le storie sociali presentano situazioni in modo diretto, con un linguaggio che evita ambiguità e si focalizza su cosa aspettarsi e come comportarsi. Questo approccio aiuta Joe a sentirsi più sicuro e meno sopraffatto dalle situazioni.
- Supporto visivo: la serie mostra come gli strumenti visivi siano fondamentali per Joe. Le storie sociali spesso includono immagini, disegni o simboli per rendere il messaggio più comprensibile. Joe, ad esempio, utilizza mappe e immagini per orientarsi meglio nel suo ambiente sociale.
- Empatia e accettazione: nella narrazione, i genitori e gli educatori di Joe, utilizzano le storie sociali con grande sensibilità, dimostrando come questo approccio possa favorire una migliore comunicazione tra le persone neurotipiche e quelle neurodivergenti.
- Effetti sulle dinamiche familiari e scolastiche: le storie sociali non aiutano soltanto Joe, ma hanno anche un impatto positivo su chi lo circonda. Permettono ai suoi genitori, insegnanti e amici di capire meglio il suo punto di vista e di rispondere in modo più empatico e paziente. La serie mette in evidenza che l’inclusione di strumenti come le storie sociali migliora l’interazione quotidiana e favorisce l’autonomia del bambino.
In The A Word, l’uso delle storie sociali diventa una metafora dell’importanza di adattare le strategie educative alle necessità individuali dei bambini con autismo, evidenziando al contempo il valore della collaborazione tra famiglia, scuola e specialisti.
Il percorso di Joe non è una marcia trionfale verso la normalità. Non c’è una soluzione magica, nessun grande cambiamento improvviso. Eppure, episodio dopo episodio, Joe cresce, così come cresce chi gli sta accanto. Impara a comunicare meglio, a esprimere ciò che sente, anche quando le parole sembrano sfuggirgli.
Ma la vera magia di The A Word è che non dipinge Joe come un problema da risolvere. Joe è semplicemente Joe. La serie celebra i suoi progressi, ma anche le sue peculiarità, senza cercare di adattarlo a un modello predefinito.
Il suo autismo non è né un ostacolo insormontabile né una fonte di genio mistico. È parte di ciò che lo rende unico.
Guardando The A Word, ci si rende conto che la storia di Joe è, in fondo, la storia di tutti noi. Chi non si è mai sentito fuori posto, diverso, incompreso? Joe ci insegna che non esiste un solo modo di essere, di vivere, di amare. Ci ricorda l’importanza di accettare noi stessi e gli altri, con tutte le imperfezioni.
E, forse, il più grande insegnamento viene proprio dalla sua famiglia. Non è perfetta, fa errori, litiga, ma resta unita.
Nonostante le difficoltà, la famiglia di Joe, trova sempre il modo di andare avanti, di crescere, di imparare. Perché, alla fine, l’amore non è mai una linea retta: è un viaggio, un’avventura, il binario delle montagne russe, proprio come la vita di Joe.
The A Word non è solo una serie: è una poesia visiva che celebra la diversità umana in tutte le sue forme. Una storia che ti abbraccia, ti commuove, ti lascia stupito e cambiato. E, soprattutto, ti ricorda che la musica, come la vita, è più bella quando riesci a sentirla davvero.