26 Mag 2021

La selettività alimentare nell’autismo

di Alessandra Pastore


Il pasto è un momento importante nella routine quotidiana di ogni famiglia poiché rappresenta un’occasione per lo sviluppo di abilità come l’imitazione o l’interazione sociale.

La selettività alimentare rientra tra i comportamenti disfunzionali, attivi durante i pasti, che potrebbero avere conseguenze sul piano nutrizionale e relazionale.
La gestione del pranzo, della cena o la preparazione di ‘pasti speciali’ innalza i livelli di stress e di ansia dei genitori coinvolti (Babbitt, et al., 1996; Timimi, et al., 1997), perché fonte di frustrazione e preoccupazione.
Le persone con disturbi dello sviluppo spesso mostrano alti livelli di selettività alimentare e ciò può causare una carenza di micronutrienti che potrebbero portare a conseguenze specifiche per la salute.

Si stima che i problemi di alimentazione raggiungano il 25% della popolazione pediatrica (Beautrais, Fergusson e Shannon, 1982) e che l’80% di bambini abbia avuto almeno un problema di alimentazione una volta nella vita (Babbitt et al., 1994; Burklow, Phelps, Schultz, McConnell e Rudolph, 1998).
Se si fa riferimento alle difficoltà di alimentazione tra i bambini con disturbi dello spettro autistico (ASD), i tassi sono ancora più alti con alcune stime che raggiungono il 90% (DeMeyer, 1979; Kodak e Piazza, 2008;Ledford & Gast, 2006).

Le difficoltà di alimentazione per i bambini con disturbi dello spettro autistico si manifestano sotto forma di selettività alimentare e problematiche associate a comportamenti disfunzionali durante il pasto (Ledford & Gast, 2006).

La letteratura scientifica utilizza il termine selettività alimentare in base a tre caratteristiche:

  • rifiuto di cibo,
  • assunzione di cibo singolo ad alta frequenza (HSFI),
  • repertorio alimentare limitato.

Anche se alcuni considerano la selettività alimentare, in età prescolare, come una fase transitoria (Kleinman, 2004), essa, per alcuni, può essere molto più grave (Timimi, Douglas, Tsiftsopoulou, 1997).
L’assunzione inadeguata di cibo e la carenza dei principali nutrienti specifici potrebbero influire sulla salute generale e sullo sviluppo del bambino portando un’eccessiva perdita di peso, malnutrizione, ritardo dello sviluppo (Bithoney & Dubowitz, 1985), scarso sviluppo sociale e cognitivo (Galler, 1984).

Alimentazione selettiva e disturbi dello spettro autistico

I disturbi dello spettro autistico (ASD) sono caratterizzati da difficoltà nelle interazioni sociali, ipersensibilità, interessi ristretti e comportamenti ripetitivi; uno di questi comportamenti caratteristici è la selettività del cibo vale a dire uno stile comportamentale contraddistinto da forte rigidità nelle scelte alimentari.
I bambini con disturbi dello spettro autistico tendono a mostrare una selettività alimentare prima dei loro coetanei a sviluppo tipico o con disturbi dello sviluppo.

In particolare, i bambini con disturbi dello spettro autistico possono avere delle forti preferenze per determinati tipi di cibi in virtù della loro consistenza (ad esempio frullato), temperatura, forma, quantità, del loro odore, colore o gusto, inoltre potrebbero accettare un numero limitato di pasti in base a come vengono preparati o impiattati (Ledford & Gast, 2006) e attuare una serie di rituali riferiti al cibo stesso.
Spesso la selettività alimentare è accompagnata da comportamenti quali:

  • pianto,
  • capricci,
  • lanciare il cibo,
  • comportamenti auto ed etero aggressivi,
  • alzarsi dal tavolo,
  • sputare il cibo,
  • vocalizzi rumorosi (Ahearn, 2001).

Quali fattori contribuiscono al mantenimento della selettività alimentare?

Sia i fattori fisiologici che quelli ambientali potrebbero contribuire al mantenimento della selettività alimentare (Ahearn, 2001). I fattori fisici e biologici possono includere anomalie anatomiche, sensoriali e percettive, disfunzione motoria-orale, disturbi metabolici, allergie alimentari e respiratorie e problemi gastrointestinali (Babbitt et al., 1994; Luiselli & Luiselli, 1995).
Per esempio, possono verificarsi anomalie strutturali del cavo orale o scarsa coordinazione delle strutture orali che possono portare a un deficit delle capacità di succhiare, mordere, sgranocchiare, masticare o deglutire.
Questi deficit possono interferire notevolmente con il mangiare (Ahearn, 2001) portando a una difficoltà a ingerire cibi di diversa consistenza e ad abitudini alimentari ‘particolari’.

Allo stesso modo, i problemi gastrointestinali possono influenzare le preferenze di cibo di un bambino ed esse sono considerati comuni per i bambini con autismo.
Un problema gastrointestinale comune è il reflusso gastroesofageo (GERD).
Sebbene tali problematiche possano causare direttamente dei problemi di alimentazione, non è tipico che si sviluppino gravi problemi senza il contributo delle variabili ambientali.

I genitori o i caregiver possono mantenere i comportamenti e le abitudini alimentari disfunzionali del bambino attraverso delle risposte involontarie.

Ad esempio, a seguito dei comportamenti sopra elencati, possono togliere il cibo o interrompere il pasto insegnando involontariamente al bambino che emettendo quel comportamento riceverà una fuga dal pasto.
Oltre a rimuovere il cibo indesiderato, l’adulto può decidere di presentare al bambino solo i suoi cibi preferiti, nel disperato tentativo di fargli assumere le calorie a lui necessarie.
Il bambino impara, in questo modo, che il comportamento disfunzionale non solo porterà alla rimozione dei cibi non preferiti, ma riceverà anche cibi o giocattoli preferiti, con la conseguente resistenza a mangiare cibi non favoriti in futuro e a mantenere la propria selettività.
I genitori possono anche inavvertitamente rinforzare il rifiuto del cibo attraverso l’attenzione. Possono ad esempio ignorare quando il bambino sta mangiando tranquillamente e si sta comportando in modo appropriato, ma poi prestare attenzione quando mette in atto comportamenti di rifiuto del cibo.

La topografia dell’attenzione può assumere molte forme: l’attenzione può consistere in convincere il bambino a mangiare (ad es. “mangia un boccone. È buonissimo. Ti piacerà”), oppure esprimendo rabbia.
D’altro canto, anche il comportamento del genitore è sotto il controllo delle contingenze ambientali.
Un genitore viene rinforzato negativamente quando i comportamenti disfunzionali cessano e positivamente quando il bambino mangia il suo cibo preferito (Iwata, et al., 1982).

Trattamento

Nel caso di problematiche organiche che portano alla selettività alimentare è necessario l’intervento del medico. Ad esempio per il trattamento del reflusso gastroesofageo (GERD) si procede con la modifica dell’alimentazione e/o la prescrizione di farmaci e, in rari e gravi casi, alla chirurgia antireflusso.

Un altro tipo di intervento rivolto ai genitori è il parent training, durante il quale vengono insegnate specifiche tecniche utili alla gestione del momento del pasto, in modo da far alimentare in maniera adeguata i figli e migliorare l’approccio al problema abbassando la soglia di preoccupazione e di ansia.
Le strategie comportamentali condivise potrebbero supportare il genitore nella gestione della selettività alimentare e della rigidità comportamentale del bambino:

  • procedure di rinforzo positivo: si consegna un oggetto preferito o la lode sociale in seguito all’accettazione di un cibo non preferito;
  • estinzione della fuga: sono tutte quelle tecniche che non permettono al bambino di allontanarsi dal cibo;
  • stimulus fading: in questo caso si vanno a manipolare le variabili antecedenti, come la “texture”, ovvero la consistenza del cibo (Shore, et al., 1998);
  • simultaneos and sequential presentation: presentazione simultanea o sequenziale di alimenti preferiti e non-preferiti (Kern, L., & Marder, T.J., 1996; Riordan, M.M., et al., 1980);
  • mixing or blending preferred and non-preferred foods: miscelare un cibo preferito (ad es. sciroppo di cioccolato) con un cibo non preferito (ad es. latte) e gradualmente ‘sfumare’ il cibo preferito (Mueller, et al., 2004);
  • shaping: rinforzare, per ciascun alimento target, le approssimazioni successive al consumo (ad es. toccare le labbra del bambino, toccare il cibo con la lingua, mordere il cibo, deglutire il cibo);
  • accesso non contingente agli item preferiti: fornire al bambino l’accesso continuo a un oggetto preferito durante la sessione di alimentazione;

Il professionista individuerà l’intervento, o la combinazione di diversi interventi, utilizzando tecniche e procedure specifiche, standardizzate e di efficacia comprovata, e imposterà un valido piano di trattamento personalizzato sul bambino.
Infine, è bene effettuare degli interventi efficaci e tempestivi.

Dove rivolgersi per la selettività alimentare nell’autismo:

SEDE DI ROMA

SEDE DI LECCE

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Bibliografia

Ahearn, W. H. (2001). Help! My son eats only macaroni and cheese: Dealing with feeding problems in children with autism. In C. Maurice, G. Green, & R. M. Fox (Eds.), Making a Difference: Behavioral Intervention for Autism (pp. 51-73). Austin, TX: Pro·ed Inc;

Babbitt, R. L., Hoch,T. A., & Coe, D. A. (1996). Behavioral feeding disorders. In D. N.Tuchman & R. S. Walter (Eds.), Disorders of feeding and swallowing in infants and children (pp.77-95). San Diego, CA: Singular;

Babbitt, R. L., Hoch, T. A., Coe, D. A., Cataldo, M. E., Kelly, K. J., Stackhouse, C., et al. (1994). Behavioral assessment and treatment of pediatric feeding disorders. Journal of Developmental and Behavioral Pediatrics, 15, 278–291;

Beautrais, A. L., Fergusson, D. M., & Shannon, F. T. (1982). Life events and childhood morbidity: A prospective study. Pediatrics, 70, 935-940;

Bithoney, W. G., & Dubowitz, H. (1985). Organic concomitants of nonorganic failure to thrive: Implications for research. In D. Drotar (Ed.), New directions in failure to thrive: Implications for research and practice (pp. 47-68);

Burklow, K. A., Phelps, A. N., Schultz, J. R., McConnell, K., & Rudolph, C. (1998). Classifying complex feeding disorders. Journal of Pediatric Gastroenterology and Nutrition, 27, 143–147;

Clark, J. H., Rhoden, D. K., & Turner, D. (1993). Symptomatic vitamin A and D deficiencies in an eight-year-old with autism. Journal of Parenteral and Enteral Nutrition, 17 (3), 284–286;

DeMeyer, M. K. (1979). Parents and Children in Autism. New York: Wiley;

Galler, J. R. (Ed.) (1984). Nutrition and behavior. New York: Plenum Press;

Iwata, B. A., Riordan, M. M., Wohl, M. K., & Finney, J. W. (1982). Pediatric feeding disorders: Behavior analysis and treatment. In P. J. Accardo (Ed.), Failure to thrive in infancy and early childhood: A multidisciplinary approach (pp. 297- 329). Baltimore: Brookes;

Kern, L., & Marder, T. J., A comparison of simultaneous and delayed reinforcement as treatments for food selectivity, 1996, Journal of Applied Behavior Analysis;

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Luiselli, J. K., & Luiselli, T. E. (1995). A behavior analysis approach toward chronic food refusal in children with gastrostomy-tube dependency. Topics in Early Childhood Special Education, 15, 1-18;

Kodak, T., & Piazza, C. C. (2008). Assessment and behavioral treatment of feeding and sleeping disorders in children with autism spectrum disorders. Child and Adolescent Psychiatric Clinics of North America, 17, 887-905;

Laud, R. B., Girolami, P.A., Boscoe, J. H., & Gulotta, C. S. (2009). Treatment outcomes for severe feeding problems in children with autism spectrum disorder. Behavior Modification, 33, 520-536;

Ledford, J. R. & Gast, D. L. (2006). Feeding problems in children with autism spectrum disorders: A review. Focus on Autism and other Developmental Disabilities, 21(3), 156-166;

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Riordan, M. M., Iwata, B. A., Finney, J. W., Wohl, M. K., & Stanley, A. E., Behavioral assessment and treatment of chronic food refusal in handicapped children, 1984, Journal of Applied Behavior Analysis;

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Timimi, S., Douglas, J., & Tsiftsopoulou, K. (1997). Selective eaters: A retrospective case note study. Child: Care, Health, and Development, 23, 265-278.

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