26 Lug 2021

La malattia cronica nell’infanzia: qual è il ruolo dei fratelli?

di Roberta Carrino


 

Definizione di malattia cronica in età evolutiva

Una condizione medica in età evolutiva è ritenuta cronica se (Mokkink L.B., et al., 2008):

  1. Si verifica in un’età compresa tra i 0 e i 18 anni;
  2. La sua diagnosi si basa su conoscenze scientifiche e viene stabilita, in accordo con i professionisti, utilizzando metodi e strumenti validi e riproducibili;
  3. Non è (ancora) curabile o se, per ciò che concerne la salute mentale, è altamente resistente al trattamento;
  4. Dura da più di tre mesi o si ripresenta per almeno tre volte in un anno.

Impatto sulle dinamiche familiari: la voce dei fratelli

La diagnosi di un disturbo cronico, che sia esso di natura fisica o mentale, impatta notevolmente sulle dinamiche familiari. Quando ad ammalarsi è un figlio, inevitabilmente nel genitore si innescano sentimenti di angoscia e impotenza difficili da normalizzare.
Le malattie croniche più gravi, inoltre, oltre a implicare maggiori restrizioni alle attività del bambino malato (Newacheck & Taylor, 1992) comportano maggiori richieste a genitori, ai fratelli, al sistema familiare e alla comunità (Patterson J.M., 1988).

In particolare, spesso accade che i genitori tendano a focalizzare l’attenzione esclusivamente sugli ingenti bisogni del figlio affetto da disturbo cronico, mettendo in secondo piano le richieste dei fratelli di quest’ultimo che, soprattutto se sono fratelli maggiori, vengono ritenuti capaci di essere autosufficienti e di assumersi responsabilità assistenziali e domestiche (Houtzager B.A., et al., 2005).

Talvolta queste responsabilità limitano le attività sociali da svolgere in ambiente extra familiare e viene meno lo sviluppo di relazioni tra pari (Houtzager B.A., et al., 2005).
Oltre a subire un trattamento parentale differente a causa di cure sproporzionate per il figlio affetto da patologia cronica, i fratelli possono sviluppare sentimenti di impotenza e sono inevitabilmente influenzati dalle reazioni di angoscia dei genitori (Adams R., et al., 1991; Houtzager B.A., et al., 2004).
Tutti questi fattori di stress sono fortemente associati ad ansia, depressione, rabbia e gelosia (Adams R., et al., 1991; Houtzager B.A., et al., 2004).

È stato dimostrato come in questi ragazzi sia più forte la tendenza all’internalizzazione dei vissuti piuttosto che all’esternalizzazione (Sharpe D. & Rossiter L., 2002), ovvero essi tendono a tenere per sé i sentimenti sperimentati in modo da non gravare eccessivamente sui genitori già oppressi dalla situazione in cui si trovano costretti a vivere (Houtzager B.A. et al., 2005), non chiedendo l’attenzione dei genitori tanto quanto lo desiderano veramente (Taylor V., et al., 2001)

La probabilità che il bambino/ragazzo interiorizzi vissuti psicologici insieme alla probabilità di sviluppare credenze di sé negative aumentano quando il fratello vive una condizione di salute cronica associata a una mortalità più elevata ed è sottoposto a un trattamento maggiormente intrusivo (Vermaes I.P., et al., 2012).

Come intervenire?

Come intervenire quando il fratello di un bambino affetto da malattia cronica sperimenta un disagio psicologico?

  1. È importante effettuare una valutazione psicodiagnostica, utilizzando il colloquio clinico e test psicologici con l’obiettivo di individuare non solo le difficoltà psicologiche che il ragazzo sperimenta, ma anche le risorse che esso possiede e le diverse strategie di coping che utilizza per fronteggiare la situazione di stress.
    È opportuno valutare, inoltre, la percezione del genitore rispetto al funzionamento psicologico del figlio e valutare l’eventuale tendenza all’internalizzazione, mediante la somministrazione del questionario CBCL (Achenbach T.M., 2011), uno strumento ritenuto come affidabile nella discriminazione tra casi psichiatrici e non psichiatrici (Seligman L.D., et al., 2004).
    Una miglior conoscenza del funzionamento psicologico dei fratelli di bambini che vivono in condizioni croniche di salute risulta molto utile al fine di elaborare un adeguato piano di intervento
  2. Programmare interventi di psico-educazione, mediante i quali si chiariscono al bambino/ragazzo quali sono i sintomi e le conseguenze della malattia di cui soffre il fratello, favorendo l’adattamento alle dinamiche determinate dalla malattia stessa (Lobato D., 1990).
    È stato dimostrato, infatti, che i livelli di angoscia nei ragazzi diminuiscono in risposta a una migliore educazione sulla condizione cronica di salute del fratello (Lobato D. & Kao B.T., 2005)
  3. Parent training con lo scopo di individuare i comportamenti disfunzionali che si manifestano in alcune patologie croniche e fornire ai genitori delle strategie per modificare tali comportamenti, riducendo di conseguenza l’impatto che essi hanno sulla vita dei fratelli (ad esempio i comportamenti etero aggressivi nei disturbi dello spettro autistico) (Kramer J., 2007).
    Nello specifico caso dei disturbi dello spetto autistico è bene preservare il funzionamento psicologico dei fratelli poiché il loro ruolo risulta efficace nell’apprendimento e nella generalizzazione degli interventi comportamentali volti a migliorare le abilità sociali (Celiberti D.A. e Harris S.L., 1993).
    In tal modo, i bambini con disturbi dello spettro autistico imparano a imitare le interazioni sociali e i comportamenti mostrati dai loro fratelli (Knott F., et al., 2007)
  4. Psicoterapia cognitivo-comportamentale qualora la valutazione psicodiagnostica esiti in una sintomatologia clinicamente significativa

In questo articolo è stato posto l’accento sul ruolo del fratello, che da accudito diventa molto spesso caregiver del bambino/ragazzo con disturbo cronico, facendosi carico di eccessive responsabilità.
La condizione di malattia cronica, tuttavia, implica inevitabilmente una reimpostazione delle dinamiche familiari nel complesso. Data la criticità della situazione sarebbe opportuno effettuare un intervento psicologico che miri a favorire l’adattamento di tutti i componenti alle nuove “regole” dettate dalla patologia stessa e a ridefinire i ruoli di ciascuno.

È importante infatti, che, oltre a intervenire sul fratello, si aiutino i genitori a diventare maggiormente consapevoli delle dinamiche che si sono innescate, favorendo la modificazione delle stesse.

Bibliografia

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Adams, R., Peveler, R.C., Stein, A., Dunger, D.B.(1991). Siblings of Children with Diabetes: Involvement, Understanding and Adaptation. Diabetic Medicine 8(9), 855-859;

Celiberti, D. A., & Harris, S. L. (1993). Behavioral intervention for siblings of children with autism: A focus on skills to enhance play. Behavior Therapy, 24(4), 573–599;

Houtzager, B.A.,Grootenhuis, M.A., Hoekstra-Weebers, J.E.H.M, Last, B.F. (2005). One month after diagnosis: quality of life, coping and previous functioning in siblings of children with cancer. Child: Care, Health and Development, 31(1), 75-87;

Houtzager, B.A., Grootenhuis, M.A., Caron, H.N., Last, B.F. (2004). Quality of life and psychological adaptation in siblings of paediatric cancer patients, 2 years after diagnosis. Psychooncology, 13(8), 499-511;

Knott, F., Lewis, C., Williams, T. (2007). Sibling Interaction of Children with Autism: Development Over 12 Months. Journal of Autism and Developmental Disorders. 37,1987–1995;

Kramer, J. (2007). Brothers and sisters with disabilities. Presented at the Annual Meeting of the Sibling Leadership Network, Columbus, OH.

Lobato, D. (1990). Brothers, sisters, and special needs: Information and activities for helping young siblings of children with chronic illnesses and developmental disabilities. Baltimore: Paul H. Brookes Pub. Co.;

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Vermaes, I. P., van Susante, A. M., & van Bakel, H. J. (2012). Psychological functioning of siblings in families of children with chronic health conditions: A meta-analysis. Journal of Pediatric Psychology, 37(2), 166–184.

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