di Marzia Casilli
Il corpo non è tutto
Elena ha 76 anni. Il viso piccolo contornato da fini capelli argentati, gli occhi come piccole fessure scintillanti, in mezzo un naso grazioso e infine labbra sottili socchiuse. Un breve alito d’aria passa tra quella crepa.
Il passaggio alternato di quell’aria è il movimento più grande che lei possa mai fare.
Elena è stesa su un letto, attaccata a delle macchine che controllano le sue funzioni vitali e una flebo per nutrirla.
I raggi del sole filtrano dal giardino fin dentro la sua stanza, illuminano il suo corpo immobile, le braccia senza peso, il viso minuto.
Non è sempre stata così Elena, anzi. Ha lavorato instancabilmente nel supermercato più grande del paese, che era della sua famiglia. Ha cresciuto due figli. Un altro le è morto che era piccino.
E lei lo ha sempre tenuto vivo nel suo cuore, tangibile come una presenza a tutta la famiglia.
È stata al fianco del marito per tutta una vita. Era un uomo di quelli che non ne fanno più, dedito alla famiglia, un gran lavoratore, un padre valoroso. Una persona semplice, semplice nel senso che gli bastava poco per essere felice. La sua Elena, i suoi figli, la sua casa. Se n’è andato qualche anno fa, senza fare rumore, senza disturbare.
È stata sempre al suo fianco Elena, quando hanno perso il piccolo, quando avevano aperto il grande supermercato, quando era giunto il momento di chiuderlo. E tra momenti di difficoltà, paura, mani stette nelle mani, si chiedevano come sarebbe stato il futuro. Poi avevano aperto il frantoio e avevano ricominciato.
Sì, perché erano gente che sapeva rimboccarsi le maniche, raccogliere la vita che restava sparpagliata intorno, mettersela in spalla, e ricominciare.
Ricominciare è l’essenza della vita, la lezione più grande che si possa imparare da tutta l’esperienza umana.
Anche dopo la diagnosi di SLA ha ricominciato Elena. In un mondo diverso, un mondo parallelo, con codici differenti di relazionarsi, un quotidianità stravolta rispetto a prima, una modalità di esprimersi nuova.
Ma ha ricominciato, lo si vede dall’espressione decisa del suo volto, una fierezza palpabile che le circumnaviga lo sguardo, la dolcezza delle sue labbra socchiuse, che ogni tanto impercettibilmente si muovono, lo sbattere ritmico delle ciglia mentre mi risponde che sì le piacciono le piante. Le è sempre piaciuto prendersi cura del giardino, aiutare i fiori a germogliare, lavorare la terra, dargli l’acqua necessaria.
Prendersi cura è un talento raro che lei ha sempre avuto.
Continua ancora adesso a prendersi cura di chi la sta curando, lo fa con lo sguardo, profondo e avvolgente come un lungo abbraccio.