di Erica Montinari
Esperienze negative pre-adozione
Una coppia sposata, attraverso l’adozione (iter giuridicamente normato), può considerare ufficialmente il bambino adottato come suo figlio legittimo. Questi bambini spesso portano con loro nella nuova famiglia, un bagaglio di situazioni preadottive difficili come l’abbandono, la trascuratezza o maltrattamenti da parte dei genitori biologici.
I bambini adottati potrebbero presentare maggiori difficoltà rispetto ai loro pari non adottivi in diverse aree come la regolazione emotiva, le relazioni sociali, l’adattamento sociale e l’apprendimento (Howe 1998; Palacios et al. 2005).
La predisposizione allo sviluppo di queste difficoltà potrebbe derivare da esperienze avverse vissute all’interno della famiglia biologica.
Il maltrattamento infantile, a causa delle conseguenze psicologiche e sociali che crea, ha subito negli ultimi anni notevole interesse ed è oggi tutelato e disciplinato dalla convenzione ONU sui diritti dell’infanzia (approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989).
Cosa si intende per maltrattamento infantile?
Si definisce maltrattamento infantile un comportamento inadeguato che può causare danno fisico e/o emotivo nei confronti di un bambino; può essere suddiviso in quattro categorie:
Abuso fisico:
consiste nell’infliggere danni fisici come scuotimenti, cadute, colpi, punture, ustioni, ecc.
Abuso sessuale:
ogni azione nei riguardi di un bambino che viene effettuata per la gratificazione sessuale di un adulto o di un bambino significativamente più grande (include rapporti completi, molestie e forme che non implicano contatto fisico con l’aggressore)
Abuso emotivo o psicologico:
consiste nell’infliggere traumi emozionali mediante l’uso di parole, azioni o omissioni; rientrano in questa categoria i rimproveri, i commenti dispregiativi, l’intimidazione e le minacce, lo sfruttamento, la corruzione e la negligenza emotiva cioè respingerlo, ignorarlo e isolarlo dai contatti sociali (Hart, et al. 1987)
Incuria (neglect):
ovvero l’incapacità di rispondere o andare incontro ai bisogni fisici, emozionali, educativi e medici del bambino (Brassard, et al. 2020)
Conseguenze neuropsicologiche del maltrattamento
Il maltrattamento infantile crea ferite profonde che possono permanere anche in seguito all’adozione, perché le esperienze precoci avverse influenzano lo sviluppo comportamentale, sociale, emotivo e neurobiologico del bambino (Levine, 2005; Sánchez e Plotsky, 2001).
Un ruolo principale lo svolge il tipo di attaccamento che il bambino ha instaurato con l’adulto di riferimento.
Il sistema di attaccamento è un sistema innato che svolge principalmente la funzione biologica di protezione e la funzione psicologica di fornire sicurezza.
Il bambino esprime il proprio bisogno di vicinanza, accudimento e nutrizione e, a seconda delle risposte ricevute dall’adulto, plasma il suo stile di attaccamento che condizionerà le sue relazioni presenti e future.
Lo stile di attaccamento disorganizzato si sviluppa quando i bambini percepiscono la figura d’attaccamento come fortemente scostante o addirittura minacciosa; il modello che il bambino si crea della principale figura di riferimento lo porta a evitare da un lato le richieste d’aiuto e i conflitti e dall’altro a non fidarsi degli altri.
I bambini che hanno vissuto esperienze di maltrattamento presentano un’alta incidenza di attaccamento disorganizzato (Attili, et al., 2013; Zeanah et al., 2005), ciò porta ad alterazioni nell’attivazione del sistema dello stress, che producendo più sostanze va a interferire con lo sviluppo fisiologico delle zone del cervello più vulnerabili, ossia quelle che posseggono i recettori per gli ormoni dello stress:
- il sistema limbico che ha il compito di controllare le funzioni emozionali.
Nello specifico l’amigdala, un’area sottocorticale dell’encefalo coinvolta nella valutazione del significato emotivo degli stimoli in ingresso (Tottenham et al., 2010; Tottenham & Sheridan, 2009; Jackowski et al., 2011; McCrory, et al. 2011; Teicher, et al., 2012) e l’ippocampo, una struttura che svolge un ruolo cruciale nella memoria, nell’apprendimento e nella gestione della risposta allo stress e che, esposto a situazioni stressanti, può presentare deficit a livello della memoria verbale e visiva (Sapolsky, et al., 1985; De Bellis, et al.,2009; Samuelson, et al., 2010).
- la corteccia prefrontale che è la parte più anteriore del lobo frontale.
È sede delle funzioni esecutive, cioè di tutti i processi cognitivi responsabili dell’efficienza e dell’adeguatezza dell’esecuzione di qualsiasi comportamento intenzionale diretto a uno scopo (Anderson, 2002; Stuss & Knight, 2002; Welsh & Pennington, 1998).
Le funzioni esecutive sono: attenzione, memoria di lavoro, apprendimento, decision making, attuazione di strategie, pianificazione, problem-solving, flessibilità cognitiva e controllo inibitorio.
- la sostanza bianca composta dai fasci ascendenti e discendenti di fibre nervose ricoperte dalla guaina mielinica, che collegano diverse aree dell’encefalo, e quest’ultime con il midollo spinale.
Alterazioni nei fasci di fibre della sostanza bianca sono collegate a disfunzioni cognitive e comportamentali (Cavallo M.; 2015).
I bambini adottati possono presentare, in seguito ai maltrattamenti subiti in età precoce e ai deficit neurobiologici conseguenti: problemi psicologici di esternalizzazione come iperattività, impulsività, disattenzione, aggressività, ma anche problemi relazionali tra pari: scarsa empatia, difficoltà scolastiche e difficoltà di compliance al trattamento (Dozier M. et al., 2002).
Anche se le esperienze traumatiche nell’infanzia possono lasciare segni neurobiologici, un intervento precoce, che agisca a livello sociale, relazionale e sul recupero delle abilità carenti, può portare a modificazioni cerebrali positive attraverso il meccanismo di plasticità neuronale, ovvero la capacità del cervello di modificare la propria struttura a seconda dell’attività dei neuroni (Label et al., 2012; Miller et al., 2012).
Come intervenire
L’intervento terapeutico tempestivo e precoce è importante quando il bambino presenta problemi di esternalizzazione (iperattività, impulsività, disattenzione, aggressività), difficoltà relazionali, scarsa empatia, difficoltà scolastiche o difficoltà cognitive.
A tal fine è possibile attuare diversi interventi:
- Parent training: intervento rivolto ai genitori che mira sia alla psicoeducazione sulle possibili difficoltà relazionali, comportamentali e cognitive che potrebbe incontrare il bambino maltrattato e in seguito adottato, che alla condivisione di strategie di gestione dei suoi comportamenti problematici;
- Iter valutativi e diagnostici utili a definire un piano di trattamento volto ad agire su precoci difficoltà psicologiche, comportamentali, relazionali, scolastiche;
- Interventi di potenziamento cognitivo o di recupero delle funzioni esecutive deficitarie;
Attivando questi servizi dai primi momenti in cui il bambino adottato presenta difficoltà, si potrà aiutare il minore a fronteggiare le sue problematiche psicologiche e cognitive, fornirgli strumenti e potenziarne le abilità in modo che si presenti alla vita e affronti le esperienze quotidiane con le stesse possibilità e capacità dei suoi coetanei non maltrattati.
Dove rivolgersi
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